Hobbes: la democrazia, il governo, la legge
gennaio 11, 2025 in Approfondimenti da Paolo Merini
Mi dedico alla nostra storia, a quella greca e a quella latina (…) più di tutti apprezzai Tucidide. Egli mi dimostrò quanto sia inetta la democrazia e quanto un solo uomo sia più saggio di un’assemblea. Tradussi questo scrittore in modo che mostrasse agli inglesi di rifuggire i retori che si accingevano a consultare.
Machiavelli e Hobbes, l’uno uomo del Rinascimento, l’altro, vissuto un secolo dopo, nelle guerre civili del Seicento inglese, sono i fondatori della scienza politica moderna. Studiosi dell’antica Roma, e Hobbes anche della lingua e del mondo greco, vissuti nel mezzo di continue lotte politiche, abbandonarono il moralismo tradizionale per giudicare i fatti come realmente avvenivano e trarne leggi di valore universale.
La vita di Hobbes (1588-1679) si intreccia con quella di Oliver Cromwell che muore nel 1658 dopo aver trasformato grazie a varie guerre l’Inghilterra in una repubblica e mandato Carlo I al patibolo, prendendo infine il titolo di Gran Protettore. Ambedue entrano sul palco della storia a 40 anni: Hobbes si era fatto una cultura mentre era precettore nella casa di un nobile, Cromwell era un proprietario terriero.
Lo studio di Hobbes è concentrato sulle forme di governo, in particolare quello romano, il più esteso e duraturo.
È quindi importante che l’editore Olschki abbia avviato la collana “Archivio Thomas Hobbes. Testi e studi”, l’opera integrale, edizione scientifica di testi mai tradotti o con nuove traduzioni, apparati critici e bibliografici aggiornati. Aprono la collana quattro testi storici: il Discorso sull’inizio degli “Annali” di Tacito, il Discorso su Roma, il Discorso sulle leggi, e l’Introduzione alla guerra del Peloponneso di Tucidide, il tutto a cura di Lavinia Peluso. Sono testi scritti tra gli anni 1610-1620, quindi scritti giovanili, anche se pubblicati a partire dal 1628, anno in cui fu approvata in Inghilterra la.Petition on righit che affermava i principi dell’ordinamento costituzionale inglese: la sicurezza della persona, del domicilio, della proprietà.
A Roma all’inizio si impongono i re, cioè la monarchia, una forma di governo che cade per la prepotenza e gli abusi degli stessi re contro i sudditi e le loro proprietà. Quindi i Romani, abbattuta la monarchia, annullati i decemviri, istituirono una repubblica con il senato, subito occupato dai nobili, di qui varie rivolte che favorirono la breve dittatura di Silla.
Nel caos successivo, si affermò il triumvirato, cioè il potere di forze personali. Su di esse si impose Cesare con la violenza. Poi, sostenuto dal senato, gli successe Cesare Augusto che si impadronì di un paese stremato dalle guerre civili. Augusto abbandonò il titolo di triumviro che ricordava il passato, ed ebbe l’accortezza di procedere gradualmente nell’esercizio del potere. Sebbene fosse un tiranno, non volle mai essere chiamato imperatore, ma console e tribuno, le due cariche che univano nobili e popolo, e si alleò con chi poteva fargli resistenza: aumentò la paga ai soldati, distribuì grano alla plebe, rese i sudditi felici per la nuova tranquillità e ricchezza. Anche le province erano soddisfatte per avere un interlocutore unico per i loro problemi.
Conquistato così il corpo del popolo, egli agì sulle loro menti e volontà, pur dando incarichi a chi più gli era stato fedele. L’unica sua guerra fu contro i Germani per vendicare la sconfitta di Varo, e le guerre sono giuste, scrive Hobbes, per tre ragioni: difesa, diritto e onore.
Le leggi, insiste Hobbes, vanno cambiate con cautela, il meno possibile, sapendo che il maggior innovatore è il tempo.
Il re è la fonte delle leggi che devono distinguere con chiarezza il giusto dall’ingiusto, difendere gli offesi e incoraggiare gli onesti, solo così il popolo vive in pace, si incrementano i commerci e ampliano i traffici. Sarebbe meglio vivere dove niente è lecito piuttosto che dove tutto lo è.
Ci sono leggi fondamentali intoccabili: la legge di natura, comune a tutte le creature: il matrimonio, la generazione, l’educazione, la proprietà. La legge delle nazioni che la ragione ha prescritto agli esseri umani, riconosciute e rispettate come giuste, nate dalla razionalità. Le leggi locali che sono una commistione tra le generali e alcuni elementi particolari, come il clima del luogo e circostanze contingenti.
Senza leggi cadrebbe anche la giustizia perché gli uomini sono posseduti dalla foga dei desideri, delle passioni, delle fantasie. Dovrebbero essere le leggi a governare gli esseri umani, non gli uomini ad essere padroni delle leggi. Chi meglio ha descritto questa storia è stato Tucidide, il primo storico obiettivo e non di parte, capace di ammettere gli errori di Atene.
L’opera di Hobbes qui presentata non è un arido trattato: vi sono pagine divertenti su come deve comportarsi un inglese a Roma per non finire nelle maglie dell’Inquisizione. I papi sono abusivi e tiranni: basti pensare a quel cardinale che non divenne papa perché condiva ogni frase con “cazzo”, alla lombarda. Per rassodare il loro potere, non bastando la religione, inventano ovunque miracoli e spiegano ogni episodio della vita, ad esempio la caduta dalle scale di una chiesa senza farsi male, con l’intervento di un santo, la vendita delle indulgenze e altre superstizioni. Tuttavia Roma va visitata per la grandezza delle opere antiche e del Rinascimento così come si deve compiere in Italia il Grand Tour. La colpa della caduta dell’impero romano è attribuita a Costantino che introdusse il cristianesimo che subito crebbe perché i popoli mirano all’apparenza più che alla realtà. È vero, ma ciò mi sembra in conflitto con lo svolgimento, sia pure attraverso tempi lunghi, della storia di Roma.