La “vera” arte di Achille Ghidini

agosto 1, 2013 in Arte e mostre da Laura Giuffredi

Nella Firenze rinascimentale, quella di Donatello, Masaccio e Brunelleschi, si assiste ad una progressiva rivalutazione della figura dello scultore, del pittore e dell’architetto, che non vennero più considerati semplici artigiani, ma artisti, persone intellettualmente colte, in grado di coniugare straordinarie abilità tecniche con originali ed innovative visioni estetiche, fondate su basi classiche.

Così da allora gli artisti videro riconosciuto il loro status di creatori di opere d’arte, frutto dell’intelletto prima che di perizia manuale.

E oggi? Come devono essere considerati gli artisti in rapporto alla società “liquida” nella quale viviamo? È arduo dare una risposta, perchè il mondo dell’arte contemporanea è così variegato da non consentire facili etichettature.

Ritengo che molti degli artisti (o presunti tali) in circolazione siano unicamente degli abili “artigiani” che investono gran parte del loro tempo nel marketing e nell’autopromozione.

Loro stessi, non le loro opere, sono infatti il “prodotto” da vendere, ed il mercato sovente si trasforma in un perverso strumento di speculazione finanziaria.

Le vicende schizofreniche del mercato dell’arte, dall’euforia del 2005 al crollo del 2009, insegnano quanto sia vano e rischioso seguire aleatorie meteore create artificiosamente; è invece doveroso sostenere e far conoscere le genuine espressioni d’arte di autori che creano, studiano, sperimentano, faticosamente e costantemente tentando di migliorarsi.

Achille Ghidini è uno di questi artisti, uno scultore tra i più interessanti ed eclettici del panorama contemporaneo. Dopo il successo dell’esposizione del 2005 presso il Parlamento europeo di Bruxelles, si rivela uno scultore tutt’altro che convenzionale o accademico.

E’ infatti un autodidatta con una laurea in ingegneria che, dopo aver lavorato nell’ambito della tecnologia militare, dal 1975 ha fatto della scultura la sua autentica vocazione.

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Ammaliato da Giacomo Manzù, dopo le prime sperimentazioni Ghidini inizia, alla fine degli anni ’70, a scolpire il legno traendone per lo più figure femminili, dalla classicheggiante sensualità.

Negli anni ’80 Ghidini rinnova il proprio linguaggio, in cui emergeranno sempre più chiari i princìpi cardine  della sua “scultura dinamica e filiforme” e della “scultura degli alberi” che caratterizzeranno tutta la produzione degli anni ’90 fino alle opere più recenti.

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Il maestro individua nella staticità il peggior nemico della scultura, come già aveva chiarito Michelangelo.

La scultura cerca di uscire dalla bidimensionalità del supporto: così Ghidini si esprime in sinuose linee spaziali disegnate da una matita immaginaria. Ciò porta ad un progressivo alleggerimento della massa, in un accattivante dinamismo come si vede ad esempio in “Corsa ad ostacoli” (2002).

Con la volontà di indagare il “femminino” condensandolo in una forma, Ghidini  realizza le sue sculture a partire dal mito di Dafne, anima femminile racchiusa in un fusto arboreo. Guarda alla materia vegetale nell’intento di farvi uscire la figura femminile che vi è racchiusa.

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Bene esprime questo concetto la monumentale opera intitolata “Un albero una storia” (2008), armonioso e frenetico moto ascensionale estratto da un fusto di cipresso.

Ma Ghidini ha sperimentato con versatilità le peculiarità tecniche ed espressive offerte da altri materiali oltre al legno: bronzi realizzati con la tecnica della cera persa; vetri di Murano; collage scultorei con oggetti d’uso quotidiano e materiali vari.

L’impegno di Ghidini si è concretizzato anche nella progettazione, a partire dal disegno e dal bozzetto, di monumenti per spazi pubblici.

Così, la pelle levigata del legno, la vellutata patina del bronzo, la liscia superficie del vetro ci permettono, con Ghidini, di entrare in contatto diretto con l’universo della natura primigenia in continua metamorfosi e rinnovata dal lavoro dell’artista.

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