Sono Vecchia!

febbraio 10, 2015 in Racconti e poesie da Roberta Basche

Anna Ancher, "Anna Edvig Brondum nella stanza blu", 1913

Anna Ancher, “Anna Edvig Brondum nella stanza blu”, 1913

Cammino lentamente, ho l’artrosi alle anche, forse anche alle ginocchia, ma il pomeriggio me ne sto comodamente seduta nella poltrona rossa, davanti al fuoco, a leggere un libro.

E’ uno di quei libri dei quali da giovane rimandavo sempre la lettura. Leggo e rileggo i classici. Per Don Chisciotte la vecchiaia è il momento giusto!

Accoccolato ai miei piedi, un bel gatto nero dal pelo soffice fa le fusa.

Nessuno mi costringe più ad uscire quando non voglio… l’affaticamento dovuto all’età, il mal di schiena, la tosse che potrebbe trasformarsi in polmonite.

Posso fare ciò che voglio. Invito un’amica, discorro con lei piacevolmente, beviamo un caffè senza dover guardare l’orologio.

Scusa Susanna, mi apriresti tu la caffettiera che non riesco con questa mano?

 Il tempo a mia disposizione è quasi infinito.

Mi guardo allo specchio: le rughe rendono il mio volto interessante, i capelli bianchi mi rendono più affascinante.

Ma che mi importa a ottant’anni del fascino?

Vivo per me stessa, per i miei nipoti, non più per i miei figli che non capiscono mai le mie esigenze e ascoltano i miei pensieri privi di interesse.

Che peccato non poter più ricamare a punto croce! E’ la retina, quella perfida, se fosse durata qualche anno in più!

Forse mi sono dimenticata del compleanno di qualcuno, devo segnarlo sul calendario.

E la pastiglia del colesterolo a che giorno sono rimasta? Giovedì? Alla mia età posso scordarla.

Non si scordi le medicine, può correre dei grossi rischi.

Si preoccupi dei suoi rischi, dottore.

Vanessa Bell, Autoritratto, 1958

Vanessa Bell, “Autoritratto”, 1958

 

Mamma, devi andare dal medico, non puoi trascinarti così per le stanze!

E’ l’età, cara. Il medico non ci può fare nulla. E poi, credi che mi ascolti quello sbarbatello?”

Quello sbarbatello lo fa per il tuo bene.

No, lo fa perché vuole mettermi a tacere, con le sue pozioni mi vuole rimbambire.

L’indomani mi sono guardata allo specchio: dov’è finita la mia pelle liscia, luminosa, i miei occhi ridenti? Di chi sono quelle grinze, quelle macchie scure sul volto?

Non sono io.

Chi vorrà accarezzare quel capo dai capelli secchi e diradati, giallastri?

Quando verranno i miei figli a trovarmi?

Sono venuta per portarti dal dottore.

Non mi va di andare dal dottore.

Ma è giusto farlo, altrimenti la tua situazione peggiora

E’ la vita, cara, la vecchiaia. Bisogna accettare di non essere più giovani.

No, puoi vivere più a lungo se ti curi!

Ma io non voglio vivere più a lungo! Voglio stare tranquilla. Sono stufa di visite, esami e gente che ti dice cosa devi fare, cosa sarebbe bene per la tua salute. Io me ne infischio della mia salute.

Mi porteranno in un ricovero? E della mia casa, che ne sarà?

E il mio gatto nero, i miei libri, le mie fotografie, i miei ricordi?

Li porteranno via prima che l’abbia fatto la memoria? Perché mi hanno abbandonata?

Kate Kollwitz, "Autoritratto", 1920

Kate Kollwitz, “Autoritratto”, 1920

Ecco mio fratello! Eccoci a correre in cortile, a giocare a nascondino, passeggiare in montagna e quel viso…

…Oh sì, è il bambino che mi piaceva! Ti ricordi quando ci arrampicavamo sugli alberi?

Non voglio vedere nessuno.

Sono stanca di vivere.

Sono sola.

Sono inutile.

Non interesso più a nessuno.

Mi piacerebbe ancora una carezza come quando ero bambina o il bacio sulla fronte che mi dava mio padre…

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