Il mondo lento e variopinto della scuola serale
giugno 27, 2018 in Approfondimenti
E. è moldava e ama follemente i romanzi storici, Tolstoj e Dostoevskij soprattutto, ma anche Manzoni. “L’addio ai monti di Lucia, prof., è il manifesto di tutti i migranti: tutti quelli che hanno dovuto lasciare il loro paese provano quello che prova Lucia in quel capitolo”. E. frequenta il corso serale di un noto liceo bresciano in cui mi sono diplomata una dozzina di anni fa e che ho varcato nuovamente da insegnante lo scorso settembre. Una sola classe e quattro ore di italiano: un piccolo completamento orario, insomma, che però si è subito configurato come l’esperienza davvero pregnante del mio tortuoso cammino attraverso i cerchi infernali della Terza Fascia. Leggi il resto di questa voce →






Davide ha diciassette anni e vive in un riformatorio che lo vuole diplomato a tutti i costi, sebbene abbia abbandonato gli studi dopo una prima superiore ripetuta tre volte. Yan è cinese, di anni ne ha diciannove e, a causa di un lungo viaggio nella città natale, ha perso quattro anni di scuola. Davide e Yan sono due nomi inventati per raccontare una storia vera, quella, cioè, dell’inquietante realtà degli istituti di recupero degli anni scolastici e di come disgraziatamente vi incappai lo scorso settembre.
Davide Grasso
«Signor Presidente del Senato, gentili senatrici, onorevoli senatori, ci avviciniamo a voi in punta di piedi, con il rispetto profondo, non formale, che si deve a quest’Aula, che si deve alla storia di un Paese che trova in alcuni dei suoi luoghi non soltanto un simbolo – cioè qualcosa che tiene insieme – ma anche un elemento di unità profondo. Ci avviciniamo con lo stupore di chi si rende conto della magnificenza e della grandezza non solo di un luogo fisico, ma anche del valore che questo rappresenta nel cuore di una lunga storia come quella italiana». Era il 24 febbraio 2014 e il neopresidente Matteo Renzi apriva così il discorso programmatico rivolto ai senatori ai quali ci accingeva a chiedere il voto di fiducia. Ci sono voluti poco più di due anni perché il “rispetto profondo” verso il Senato si trasformasse in un tracotante disprezzo e perché Palazzo Madama venisse assurto dai media governativi a carrozzone costoso e inutilmente replicante delle funzioni svolte dalla Camera dei Deputati.
«Se vuoi vedere come sta messa davvero L’Aquila, devi andare nei vicoli interni e non nelle strade degli avvocati e dei notai». Queste parole secche vengono da Marilena, una donna smilza con il viso bruciato dal sole e un cornetto all’amarena in mano. Quando capisce che a L’Aquila sono capitata praticamente per caso e che non appartengo alla categoria dei giornalisti che lei definisce «mordi e fuggi», appare subito conciliante e disposta a condividere con me il proprio pellegrinaggio quotidiano tra le macerie aquilane.
Mentre un camion si lanciava a tutta velocità sulla Promenade des Anglais, Sky cinema stava trasmettendo Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau testament, Belgio 2015), dissacrante commedia in cui Dio è un marito e un padre violento che bivacca tutto il giorno in una logora vestaglia di fronte a un computer con il quale tortura l’umanità, infliggendo arbitrariamente indicibili disgrazie. Il film si avvia alla conclusione sulle note malinconiche di La mer di Charles Trenet, quando arrivano le prime notizie da un altro mare, quello nizzardo, ferito a morte da un attacco che verrà frettolosamente (ed erroneamente) attribuito all’ISIS. 


