“La corrente”, ultimo capitolo

aprile 8, 2015 in Racconti e poesie da Stefano Bottarelli

raduraSi adagiarono abbracciati in una radura nascosta. Ella s’accorse subito che Rodolfo le teneva forte i polsi in mano, forse tremava un poco. Si baciarono ancora con la forza che avevano tutta distribuita fra le braccia e il cuore come due abituali amanti ma con la giovane speranza di chi ama per la prima volta., si guardarono l’uno negli occhi dell’altro, cercarono nell’altro l’antico guerriero di anni prima, ne trovarono solo la pelle nei ricordi confrontati con le fattezze ora presenti e rosate. Si carezzarono reciprocamente, appoggiarono la schiena a terra sull’erba muschiata, respirarono profondamente. Gigliola era la più tenera e profumata, valchiria della Versilia cocente anche se ancora tiepida.
lumacaRodolfo era sudato. Una lumaca, a pochi metri, portava la sua casa di chiocciola, lasciando una striscia di umida bava su di una foglia più gialla che verde. Solerte saliva l’erta vegetale del suo destino, non badava ai nostri personaggi, forse non li vedeva, si dondolava nella sua mollezza sotto il guscio pesante.
Gigliola si trovò più eccitata, spavalda di fronte all’amore, tenera insieme a colui che stava a lei vicino nella vita, ospite di un cosmo che a Sarzana sembrava essersi decomposto, invece era un preludio a una nuova esistenza, forse a nuove vite, comunque al futuro. Passò poco tempo, passò anzi il tempo, a Marta non parve percettibile, quello nel quale due persone si conoscono, i grilli ricominciarono a farsi sentire, le cicale a frinire impazienti, le gocce di sudore a cadere, a imperlare la pelle. Era già pomeriggio.
La giornata si prolungava nelle frescure e limpidezze delle stagioni che preludono ad altre più forti, mitigata dalla felicità di Gigliola giunta a ritrovarsi e a ritrovare Rodolfo, l’alfiere di una scacchiera in cui ella ora giocava da regina. Egli gioiva di una felicità introversa, rattenuta a riscattare i passati dispiaceri di single. Incamminatisi alla fine del loro incontro verso il ritrovo con Marta, i due ormai erano uno; si tenevano per mano come due bimbi all’asilo, Marta era un’ombra di plastica rispetto alla loro umanità di amanti. Si cercavano con gli occhi fra una risata, un dialogo, una frase, si cercavano e si confrontavano continuamente non nell’aspetto ma nel contatto l’uno con l’altro, fra profumo di pini e di rosmarino, di salvia e di basilico. Orti erano aldilà della spiaggia, dietro la radura ove i nostri amici avevano pranzato. Gigliola meditava sul suo passato e sul suo futuro, aspettava di tornare a Rodolfo così come a lui era andata nella pineta. Parve a Gigliola di ascoltare di lontano un suono di flauto dolce, poi capì che era soltanto il suono del vento contro le canne dell’orto. Improvvisamente provò la sensazione di non chiamarsi più Gigliola ma di chiamarsi Maria, come la Madonna, e Rodolfo Giuseppe, non Rodolfo. Perché quel transfert?

aldilàdellaspiaggia

Perché ella aveva peccato e ora si sentiva più pura, così da cambiare di nome, e che nome ? Era un rimosso di bambina, immaginario di catechismo perso fra i meandri della prima memoria, quella fondante l’uomo e la donna. Marta, che li aveva notati senza fare molto caso, prese atto di quell’amore antico e nuovo sorto su di una spiaggia illuminata ora dalla luce solare.
Rodolfo, pur affascinato dalla bella storia d’amore, era più realistico, pensava alla possibilità di costruire una famiglia per sé e Gigliola, profilava davanti alla sua mente un futuro che prima non era, mirava prospettive ove alla solitudine si sostituiva la compagnia di bimbi e bimbe, di parenti e di case affollate, vocianti, fra spiedi e quei gridi che in un istante le rondini dal mare proiettate nel vuoto riversarono sulle sue fantasie risvegliandolo. Fu allora che incorse nello sguardo ardente di lei, ne sentì il cuore battere, ne vide finalmente la bellezza selvaggia perché giovane, ne capì i pensieri, la sentì sua. Marta, la quale vagolava nel breve tratto sabbioso vicino alla piazzola erbosa del pranzo, aveva invece capito un altro aspetto della vicenda : che ora era più sola, ma anche che ora era divenuta un’accessoria protagonista della nuova storia dei due, perché ogni storia d’amore non è binaria ma ci sono altri personaggi collaterali, almeno è ternaria, come codesta. Le cicale frinivano la loro danza, strette fra loro, verdi nel verde, invisibili, numerose, fatidiche coefore del verbo della natura loquace, onomatopee di loro stesse. Marta capì tutto, la invase una serena tristezza insieme ad un sentimento di pace : perché il legame fra Gigliola e Rodolfo veniva a rinsaldare e a chiarificare quello fra lei e Rodolfo, lo rendeva nettamente amicale e cristallino, loro colleghi e molto insieme nella giornata, amici di fotocopiatrici e scaffali d’archivio.
Il meriggio si faceva pallente, sfioriva il sole non ancora irrobustito dalla stagione dei calori, era questa una mezza stagione, nascente primavera di uno degli ultimi anni del secolo della televisione e degli orrori, dell’industria e delle disperazioni interiori, della conquista del cosmo e della depressione psichica.
mosca ciecaGigliola sentiva le care della brezza sulle gote come prima aveva colto le carezze di Rodolfo, era teneramente a fantasticare di futuro – quanto ora gli piaceva pensarci – ora che il mare ancora l’ammaliava: perdersi in quel mare come nella propria bolla di allegria, questo desiderava, ma con Rodolfo, solamente con lui, l’uomo della sua vita, della sua passione guarita dai ricordi di Firenze, perché sempre ciò che si cerca ci sta guardando da molto vicino: trovarlo è un gustoso gioco di mosca cieca, amarlo è la vita stessa.

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