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Il blu di Persia è il canto del blues

giugno 30, 2024 in Persia, Recensioni da Mario Baldoli

Copertina bluUn ballo triste e nel contempo scatenato, il blues, e un blu che lo interseca, ma nell’incontrarlo libera la forza che unifica il mosaico e lo fa suonare come suona un blues.

La psicoanalista iraniana Gohar Homayounpour, nata a Parigi, prima residente in Canada, ora tornata a Teheran, ha scritto un libro che già nel titolo, come nell’insieme del libro, è una sinestesia: Blues a Teheran, la psicoanalisi e il lutto, ed. Raffaello Cortina.

Un libro scritto nel blu: blues e blu, scrive l’autrice. Il blu di Persia dall’azzurro all’indaco, un colore che dal chiaro sfocia nelle gamme scure, frequente nelle moschee e nei palazzi, e il blues che nasce dal profondo Sud americano, dal canto degli schiavi condotti in America, canto di dolore, ma anche energico, come la canzone di Duke Ellington Blues di Isfahan, la città più bella dell’Iran, un’antica capitale. Leggi il resto di questa voce →

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Primavera: un’interpretazione botanica del dipinto di Botticelli

giugno 27, 2024 in Arte e mostre, Recensioni da Roberta Basche

Primavera copertinaTra le molte interpretazioni che la Primavera di Botticelli ha suscitato nel corso dei secoli, Mirella Levi D’Ancona nel volume pubblicato da Olschki e tradotto dall’inglese da Sarah Cuminetti e Cinzia Pasquini, ne propone una “botanica” avvalendosi di 40 tipi di piante e fiori dettagliatamente dipinte dal pittore fiorentino.

Le fonti a cui la storica dell’arte fa risalire la genesi del quadro sono i Fasti di Ovidio e le Stanze di Poliziano.

La prima parte del testo analizza il contesto storico in cui è nato il dipinto e l’interpretazione che ne è stata data nel tempo, la seconda, corredata da immagini delle piante dipinte da Botticelli, le descrive singolarmente suggerendone la simbologia attraverso testi poetici e letterari.

Il primo gruppo di personaggi è costituito da Zefiro, Cloris, Flora. Leggi il resto di questa voce →

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È bello l’aprirsi della profondità femminile, ma non basta (4)

giugno 11, 2024 in Approfondimenti da Mario Baldoli

"Scarabocchi" di Kafka

“Scarabocchi” di Kafka

Il tribunale, come Kafka chiama la rottura del fidanzamento con Felice (12 luglio 1914) è seguito da un periodo di grande creatività: K scrive Il processo, un nuovo capitolo del Fochista, poi chiamato America da Brod, e un racconto terribile: Nella colonia penale, in cui possiamo, senza retorica, specchiare l’orrore del nostro tempo.

Ma i due si ritrovano il 24 gennaio 1915 in Renania a Bodenbach. Kafka scrive nei Diari: Non dobbiamo torturarci ancora a vicenda (…) ci siamo trovati immutati. Ognuno dice tra sé che l’altro è inflessibile e spietato. Io non rinuncio alla mia esigenza di vivere in modo fantastico soltanto per il mio lavoro. Lei vuole la mediocrità, la casa comoda, il vitto abbondante, il sonno dalle undici di sera in poi, la camera riscaldata, e regola il mio orologio che da un trimestre anticipa di un’ora e mezzo sul minuto giusto. Ed è dalla parte della ragione (due ore siamo stati insieme in camera. Intorno a me soltanto noia e sconforto). Stando insieme non abbiamo avuto ancora un momento buono durante il quale io avessi respirato liberamente.

Qualche giorno dopo le invia una lettera dello stesso tenore: Ho trovato che entrambi siamo spietati reciprocamente; non già perché l’uno tenga troppo poco all’altro (…) non c’è tra di noi alcuna lite esteriore, camminiamo in pace l’uno accanto all’altra, ma intanto ci sono guizzi tra noi come se qualcuno fendesse continuamente l’aria, tra di noi, con una sciabola.

La lettera è, al solito, ambivalente, accompagnata da contradditori lampi d’affetto: Mi minacciava la seduzione della vicinanza, quella folle seduzione che mi sta, come dire, sul collo.

E la seduzione funziona. Li troviamo dal 3 e 13 luglio del 1916 a Marienbad nello stesso albergo, in camere separate. Nei Diari scrive: I dubbi rimangono, ma è bello lo sguardo dei suoi occhi placati, l’aprirsi della profondità femminile. Pensano di sposarsi, lui scrive altri racconti che confluiscono nel Medico di campagna.

Ma nello stesso tempo ancor più ricorda la dolcezza delle brevi relazioni avute a Zuckmantel e Riva del Garda, una dolcezza breve, senza lettere, mai avuta con Felice.

Nel luglio del 1915 era stato pubblicato La metamorfosi, Kafka comincia ad essere conosciuto tanto che Carl Sternheim, gli cede il premio Fontane che aveva vinto.

Nei Diari dell’aprile 1917 ci sono vari abbozzi de ll cacciatore Gracco pubblicato postumo da Max che vi diede anche il titolo. È il suo unico racconto che si svolge in un luogo determinato, Riva del Garda, ne parlerò più avanti.

Marienbad provoca un secondo fidanzamento, questa volta limitato a una visita agli amici, ma quando arrivano in Ungheria dalla sorella di lei, succede qualcosa per cui K. torna da solo.

Il 9 settembre scrive a Felice di aver avuto uno sbocco di sangue. Dato che odiava i medici (per farti star bene, ti fanno del male), non si cura finchè Max lo costringe ad andare da uno specialista, ha la tubercolosi.

È la fine dell’amore tra lui e Felice, fra due persone molto diverse: da una parte una donna pratica in carriera, dall’altra un uomo che vive per scrivere, ma vuole restare dentro il mondo e i suoi problemi che pure non è in grado di affrontare e si trova da essi sconfitto e umiliato.

Perlopiù K. interpretò la tubercolosi come psicosomatica: Il mio cervello non riusciva più a sopportare le preoccupazioni e i dolori che gli venivano imposti. Allora disse: mi arrendo. Se però qui c’è ancora qualcuno interessato al mantenimento del tutto, allora si sobbarchi una parte del mio peso e si tirerà avanti ancora per un poco. Così si presentarono i polmoni, molto da perdere certo non avevano. Queste trattative tra cervello e polmoni che avevano luogo a mia insaputa devono essere state terribili.

Altra volta chiama la Tbc “la pistola giocattolo nei miei polmoni”.

Che fosse una malattia psicosomatica è opinione di tutti, interpretata in genere come simbolo della sua incapacità di aderire ai valori della comunità, di affrontare i propri sentimenti e la pressione che ne deriva.

K. è scettico:” la medicina va a caccia alla cieca di quest’unica malattia come un animale in infinite foreste”. Inoltre “metà dell’Europa ha i polmoni malati”. Da qui viene il trascurarla preferendole inutili cure naturalistiche, come il restare nudi all’aria aperta, al freddo e altri comportamenti che si ritrovano nella Montagna incantata di Thomas Mann.

Kafka la descrive non sempre in negativo: “Ho verso la tubercolosi l’atteggiamento di un bambino che si aggrappa alla gonna materna”. Inoltre la malattia gli dà la forza di lasciare la “cara, povera Felice”.

Non sono sicuro delle interpretazioni psicosomatiche: già sei volte K. era stato in sanatorio, inoltre la malattia (con relativo ricovero) era considerata dall’Ottocento qualcosa che affinava la sensibilità e dal dottor von Hartungen, come lui, vi si ricoveravano tali malati, ad esempio Heinrich Mann.

Kafka e la sorella Ottla

                      Kafka e la sorella Ottla

Diagnosticata la tubercolosi, dopo un periodo in sanatorio, Kafka si reca a Zurau, in Boemia, dove sua sorella Ottla (la sua preferita) lavora a un modesto podere agricolo. Collabora con lei, è appassionato di giardinaggio e botanica sulla quale lei aveva seguito anche un corso.

Per rivederlo, Felice compie un viaggio di 30 ore da Berlino a Zurau. Lui scrive nei Diari che con lei è stato “del tutto insensibile”, ha recitato “la commedia”. Di nuovo Felice lo raggiunge a Praga ed è la fine di quei tormentati cinque anni. Due anni dopo lei sposerà un funzionario di banca.

A Zurau la vita con la sorella è un periodo positivo. K. sapeva da sempre che non avrebbe potuto vivere con Felice, eppure non avevano mai avuto la forza di lasciarsi. Dato che mancano le lettere di Felice, non si sa come lei abbia vissuto cinque anni di lettere e probabilmente solo cinque di incontri malriusciti in un legame che ha qualcosa di sublime e di masochistico.

 Julie Wohryzek

Julie Wohryzek

Nel 1918, un anno dopo la rottura con Felice, Kafka si fidanza con Julie Wohryzek, una commessa figlia di un calzolaio scaccino di una sinagoga. Il padre di Franz è furibondo vedendo in questo possibile matrimonio un declassamento sociale e invita il figlio a frequentare il bordello dandogli anche qualche consiglio. Franz scrive la Lettera al padre, un centinaio di pagine contro di lui, dure e bellissime che non gli consegnerà mai.

Sull’argomento bordello K. non aveva niente da imparare. Del 1908 è il suo rapporto equivoco e breve con Hansi Julie. Scrive: la sera ad una grande mostra con un’altra, alle 5.30 a casa. “Ieri in hotel con una prostituta troppo vecchia (…) non l’ho consolata, poichè nemmeno lei ha consolato me”. (rispettivamente: Lettere a Brod, 9 giugno e settembre 1908). Alla fine di quell’anno finiva il rapporto con Hedwig Weller.

Un viaggio di cultura con Max a Weimar è arricchito dalla visita ai bordelli dei Paesi attraversati, descritti umoristicamente nei Diari: Milano, Parigi, mentre a Lipsia i due amici arrivano quando le ragazze non sono ancora alzate. A Weimar K. inizia un flirt con la giovane figlia del custode della casa di Goethe e porta in giostra alcune ragazzine.

Quelle frequentazioni compaiono in un sogno del 9 ottobre 1911 che riporto in breve: K. percorre in punta di piedi per non disturbare un lungo corridoio con stanze a destra e sinistra, alcune stanze erano bordelli. Come l’ultima camera dove si ferma e vede due prostitute.

Si occupa di una, Max dell’altra: Io le palpavo le gambe e indugiai a premerle regolarmente le cosce. Il mio piacere era tale che mi stupivo di non dover pagare per quel divertimento. Con mio grande spavento volse la schiena coperta di grandi cerchi rossi come ceralacca. Guardai preoccupato Max che senza paura…

II sogno svela un rapporto tormentato: attraversa un bordello, prova piacere, teme però che la donna abbia una malattia venerea (la ceralacca).

Esco dai bordelli e incontro Julie Anche lei è molto diversa da K., che così la descrive a Max: Una figura comune (…) innamorata del cinema, operette e commedie, della cipria e dei veli, padrona di una quantità inesauribile e irrefrenabile delle più sfacciate espressioni di gergo, in complesso molto ignorante, più allegra che triste. È bella, ma insignificante, come, poniamo, il moscerino che vola contro la mia lampada.

Resta senza risposta una domanda: perché anche il suo più intimo amico Max Brod, un’amicizia che dura tutta la vita, è tanto diverso da lui? Perché K. che pure piaceva alle donne come loro a lui, si fidanza con due che sono il suo contrario?

 Elsa Bergman nel 1936

Elsa Bergman nel 1936

Eppure ne conosceva molte che, essendo sposate, hanno poi dato testimonianze reticenti. Elsa Bergman che fu moglie di due accaniti sionisti Gershom Scholem e Hugo Bergmann, gli dedica varie poesie, eccone una:

Di tanti uomini ebbi diletto

Curiosità del corpo e ardente anelito

Solo una volta però, del cielo attinsi il fondo

Nel tempo incalzante della vita

Fu un soffio, a malapena un bacio

Un raggio lieve e d’oro mi confisse il cuore

Un solo attimo impalpabile

All’intera mia vita portò luce

E le tue parole: amicizia reca bontà,

forse…immortalità.

Di lui Elsa ricorda due versi del 1903: C’è un giungere e un andare

Un separarsi e spesso- mai più ritornare.

Ancora una fra le molte testimonianze, quella di Anna Pourazovà, educatrice nella famiglia Kafka nel 1910: Facevamo lunghi bagni nell’Elba (circa 30 km a nord di Praga) e prendevamo il sole in spiaggia, sempre separati e senza costume da bagno per avere un rapporto intimo con la natura e gustare fino in fondo il sole e l’estate (…) andava molto in bicicletta e giocava a tennis con una bella ragazza. Dopo il suo ritorno a Praga scrisse una lunga poesia “Stella”, così si chiamava la signorina. “Franz le è infedele” mi disse Ottla. Una domenica pomeriggio Ottla cominciò a saltare intorno al tavolo e cantò: “ing, ang, ling, ong” al nostro Franz piace molto la signorina Anna!

La prossima puntata sarà dedicata al suo ultimo triangolo.

di Mario Baldoli

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Quando l’amore s’increspa e si frange

giugno 1, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Viola Allegri

Copertina MalintesoMalinteso è probabilmente l’aggettivo (tale nei vocabolari, ma io lo direi participio) molto presente nelle definizioni del nostro tempo. Da Kafka, Heidegger, Arendt, Sarte, Camus, Simone del Beauvoir, oggi Di Cesare, per restare in letteratura e filosofia, mentre in politica dalla guerra franco prussiana del 1870 alla Prima guerra mondiale a quelle di oggi si sente sul collo la sua presenza minacciosa, foriera di catastrofi. In particolare l’esistenzialismo l’ha compreso e lo reincontriamo in due brevi romanzi di Simone De Beauvoir pubblicati da Ponte alle Grazie con Isabella Mattazzi, curatrice di Malinteso a Mosca, e traduttrice di Le inseparabili con la postfazione di Sylvie Le Bon de Beauvoir, la figlia adottata da Simone.

Quest’ultimo testo, più volte abbandonato e riscritto, poi inserito nelle Memorie di una ragazza per bene, è stato infine ritrovato in un cassetto della scrittrice.  Leggi il resto di questa voce →

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Da giovane avevo due vite

maggio 23, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Roberto Colli

 

 

Cesare Pavese al tempo di Ciau Masino

Cesare Pavese al tempo di Ciau Masino

Chi non è stato adolescente, chi ha dimenticato quegli anni tormentati?

“Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita” (Paul Nizan), oppure: “se è vero che la giovinezza è un difetto, ce ne correggiamo in fretta” (Goethe), oppure: “il segno della giovinezza è forse una magnifica vocazione per le facili felicità” (Albert Camus); ecco, torniamo a quegli anni col pensiero, quando forse tutti sentivamo una sorta di doppia personalità. Essere, vivere in un modo e anche in un altro, più avventuroso, arioso, senza mediocrità, o viversi come Diabolik ed Eva Kant.

Quell’insicurezza la ricorda la lettura del primo romanzo di Cesare Pavese, Ciau Masino, ed. Capricorno, collana Capolavori ritrovati.

Dopo più di cinquant’anni di assenza dalle librerie, Capricorno torna alla prima, affascinante prosa narrativa del «giovane» Cesare Pavese, scritta fra il 1931 e il 1932. Racconta le vicende del giovane giornalista torinese Masino e dell’operaio Masin, che viene dalle colline di Langa.

Un’opera iniziata a 23 anni, conclusa a 24, con due protagonisti che poi sono uno solo: Masino e Masin. Leggi il resto di questa voce →

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Dietro le pagine avanzano donne invisibili

maggio 2, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Roberta Basche

Copertina invisibileLa donna invisibile pubblicato da Quodlibet a cura di Anna Baldini e Giulia Marcucci esplora le biografie e il ruolo di alcune traduttrici nell’Italia del primo Novecento.

Il volume si apre con tre saggi che analizzano il contesto di invisibilità nel quale si trovano i traduttori in generale e di doppia invisibilità le traduttrici in quanto donne.

Percorsi personali e di lavoro di alcune traduttrici del secolo scorso: Ebba Atterbom, Ada Salvatore, Olga Malavasi Arpshofen, Lavinia Mazzucchetti, Rosina Pisaneschi, Alessandra Scalero, Maria Martone, Ada Prospero, Natalia Ginzburg, Gabriella Bemporad e Giovanna Bemporad.

Alessandra Scalero trascorre bambina (al seguito della madre e del padre Rosario, violinista e compositore) alcuni anni a Londra e successivamente a Lione e a Vienna. Rientrata in Italia compie studi incompleti ma la passione per la lettura e la frequentazione di americani durante la guerra come infermiera per la Croce Rossa la spingono a riprendere lo studio della lingua inglese. Frequenta l’ambiente delle avanguardie artistiche romane e collabora come costumista e scenografa per alcuni spettacoli teatrali. Leggi il resto di questa voce →

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Mare, cielo e tre oceani

aprile 19, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Roberto Colli

Copertina MoitessierTra il 1932 e il 1968 passano solo 36 anni, ma tutto è cambiato in un tempo così breve, fra le molte cose, anche la navigazione non solo a motore, ma a vela, per uomini e donne (penso a Ida Castiglioni, la prima italiana che attraversò l’Atlantico in solitario) che non possono fare a meno del vento e del mare, i quali non sono oggetti, ma, come scrive il marinaio Francesco Geraci: Non si può raccontare il mare a chi vede solo acqua.

Nel 2001 l’editrice Nutrimenti, nella Collana del mare, ha pubblicato Lorenzo Bono, Tre oceani. Il primo giro del mondo di un velista italiano. Era un’impresa quasi sconosciuta quella di Francesco Aurelio Geraci, un ufficiale di marina che circumnavigò il globo con una goletta di soli 10 m.

Ora la BUR ha ripubblicato, a trent’anni dalla morte, il libro più importante di Bernard Moitessier, La lunga rotta. Solo tra mare e cielo.

Due storie di innamorati di mare e vela, senza motore, senza radio per l’italiano. Leggi il resto di questa voce →

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La montagna dentro me: Mostra fotografica di Daniele Zani

aprile 6, 2024 in Arte e mostre da Andrea Zucchini

Anzu Locandina montagnaDaniele Zani è una felice scoperta. L’ho conosciuto attraverso l’amico in comune Matteo Peroni che, con il suo canale Youtube, tratta di alpinismo attraverso le scalate a vette, il percorrere vie ferrate, arrivare ai rifugi e ai bivacchi. Daniele, compagno di scalata di quest’ultimo, si è presentato, oltre che con la sua macchina fotografica, anche con la sua cucina, essendo quest’ultimo cuoco di professione.

La montagna dentro me” è il percorso interiore che porta l’autore a vivere la montagna, non solo attraverso la fatica della strada, ma attraverso la propria introspezione.

Mi piacciono le foto che rispecchiano un’emozione che magari ho vissuto”.

Anche perché più che fotografo io mi sento alpinista e la montagna è anche una metafora di ciò che è la scalata interiore che vive chi la frequenta. A volte è una montagna dolce a volte più aspra e le foto dipingono bene questa cosa”. Leggi il resto di questa voce →

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La strega da uccidere

aprile 3, 2024 in Recensioni da Viola Allegri

Copertina streghe giustoLa novità del saggio di Francesca Matteoni , Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’epoca moderna, ed. Effequ pone la centralità di due elementi trascurati dai molti studi sul tema: il famiglio e il sangue con il loro sovrapporsi, il loro spazio sociale, la dimensione psicologica che vivono, la reazione che suscitano.

Il saggio si avvale di una sterminata bibliografia, quasi tutta in lingua inglese perché quello era il Paese dove più numerose erano le streghe. Tuttavia il testo non si abbandona mai alla microstoria, anzi i moltissimi casi citati sono sintetizzati in poche righe così da consentire il mosaico unitario dell’epoca, l’esordio dell’età moderna, i secoli XVII e XVIII, quando maggiore fu la caccia alle donne e più forte la volontà di punire.

Il famiglio è un animale comune che la strega nutriva variamente con latte e derivati, pane, birra, fieno, ma soprattutto, e in piccola misura, col proprio sangue. Si tratta in genere di animaletti domestici: il gatto, il cane, pollame, furetti, topi e, con la peggiore reputazione, il rospo, non domestico ma residente in qualche stagno vicino. Alcuni di questi sono animaletti che donne anziane ed emarginate tenevano per compagnia, ma le cattive compagnie sono pericolose al punto che in certi paesi dell’Essex, la regione aurea delle streghe, le donne sospettate potevano arrivare al 90%. Erano anche capaci di colpire attraverso un lungo elenco di erbe, peraltro di uso comune. Leggi il resto di questa voce →

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Quando la politica infilza la cultura e si ritrova infilzata

marzo 21, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli

283f0aeb3159a88989496fe75f92a074_w200_h_mw_mh_cs_cx_cyA 140 anni dalla nascita della propria casa editrice Daniele Olschki ne richiama l’avventura ripercorrendone la vita in una breve densa memoria (p. 38) Gioverà ricordare, meminisse iuvabit, pubblicata dallo stesso Olschki, con prefazione di Liliana Segre che corregge il sottotitolo da “sarà utile ricordare” con un “ricordare è necessario, un dovere per ciascuno e per tutti, per i singoli cittadini e per le Istituzioni”.

L’attenzione di Daniele si appunta soprattutto sul fondatore Leo Samuele, poliglotta e bibliofilo che, proveniente dalla Prussia orientale, iniziò l’attività di editore, stampatore e antiquario a Venezia. Si trasferì pochi anni dopo a Firenze dove il rapporto con dei magnati americani fece decollare l’iniziativa e lo rese noto, tanto che un giovanissimo Vittore Branca lo ricordava come “il favoloso principe dei bibliofili, l’amico di imperatori e di re, dei Morgan e degli Action, di D’Annunzio e di Rilke”.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale iniziano però le difficoltà. Il nazionalismo italiano si abbatte sulla Germania, su di lui che da là proviene, sull’editrice attraverso i giornali: l’Olschki tedesco ed ebreo, la faccia sorridente e pingue dal naso aquilino. Date le evidenti minacce, Leo si sposta a Ginevra da dove continua, a dirigere l’editrice e dove apre una nuova sede, fermo nei suoi convincimenti sull’affermarsi finale di quella Humanitas cui sempre faceva riferimento e che, nella sua convinzione, avrebbe alfine vinto sulla brutalità della guerra. Leggi il resto di questa voce →

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