Il blu di Persia è il canto del blues

giugno 30, 2024 in Persia, Recensioni

Copertina bluUn ballo triste e nel contempo scatenato, il blues, e un blu che lo interseca, ma nell’incontrarlo libera la forza che unifica il mosaico e lo fa suonare come suona un blues.

La psicoanalista iraniana Gohar Homayounpour, nata a Parigi, prima residente in Canada, ora tornata a Teheran, ha scritto un libro che già nel titolo, come nell’insieme del libro, è una sinestesia: Blues a Teheran, la psicoanalisi e il lutto, ed. Raffaello Cortina.

Un libro scritto nel blu: blues e blu, scrive l’autrice. Il blu di Persia dall’azzurro all’indaco, un colore che dal chiaro sfocia nelle gamme scure, frequente nelle moschee e nei palazzi, e il blues che nasce dal profondo Sud americano, dal canto degli schiavi condotti in America, canto di dolore, ma anche energico, come la canzone di Duke Ellington Blues di Isfahan, la città più bella dell’Iran, un’antica capitale. Leggi il resto di questa voce →

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È bello l’aprirsi della profondità femminile, ma non basta (4)

giugno 11, 2024 in Approfondimenti

"Scarabocchi" di Kafka

“Scarabocchi” di Kafka

Il tribunale, come Kafka chiama la rottura del fidanzamento con Felice (12 luglio 1914) è seguito da un periodo di grande creatività: K scrive Il processo, un nuovo capitolo del Fochista, poi chiamato America da Brod, e un racconto terribile: Nella colonia penale, in cui possiamo, senza retorica, specchiare l’orrore del nostro tempo.

Ma i due si ritrovano il 24 gennaio 1915 in Renania a Bodenbach. Kafka scrive nei Diari: Non dobbiamo torturarci ancora a vicenda (…) ci siamo trovati immutati. Ognuno dice tra sé che l’altro è inflessibile e spietato. Io non rinuncio alla mia esigenza di vivere in modo fantastico soltanto per il mio lavoro. Lei vuole la mediocrità, la casa comoda, il vitto abbondante, il sonno dalle undici di sera in poi, la camera riscaldata, e regola il mio orologio che da un trimestre anticipa di un’ora e mezzo sul minuto giusto. Ed è dalla parte della ragione (due ore siamo stati insieme in camera. Intorno a me soltanto noia e sconforto). Stando insieme non abbiamo avuto ancora un momento buono durante il quale io avessi respirato liberamente.

Qualche giorno dopo le invia una lettera dello stesso tenore: Ho trovato che entrambi siamo spietati reciprocamente; non già perché l’uno tenga troppo poco all’altro (…) non c’è tra di noi alcuna lite esteriore, camminiamo in pace l’uno accanto all’altra, ma intanto ci sono guizzi tra noi come se qualcuno fendesse continuamente l’aria, tra di noi, con una sciabola.

La lettera è, al solito, ambivalente, accompagnata da contradditori lampi d’affetto: Mi minacciava la seduzione della vicinanza, quella folle seduzione che mi sta, come dire, sul collo.

E la seduzione funziona. Li troviamo dal 3 e 13 luglio del 1916 a Marienbad nello stesso albergo, in camere separate. Nei Diari scrive: I dubbi rimangono, ma è bello lo sguardo dei suoi occhi placati, l’aprirsi della profondità femminile. Pensano di sposarsi, lui scrive altri racconti che confluiscono nel Medico di campagna.

Ma nello stesso tempo ancor più ricorda la dolcezza delle brevi relazioni avute a Zuckmantel e Riva del Garda, una dolcezza breve, senza lettere, mai avuta con Felice.

Nel luglio del 1915 era stato pubblicato La metamorfosi, Kafka comincia ad essere conosciuto tanto che Carl Sternheim, gli cede il premio Fontane che aveva vinto.

Nei Diari dell’aprile 1917 ci sono vari abbozzi de ll cacciatore Gracco pubblicato postumo da Max che vi diede anche il titolo. È il suo unico racconto che si svolge in un luogo determinato, Riva del Garda, ne parlerò più avanti.

Marienbad provoca un secondo fidanzamento, questa volta limitato a una visita agli amici, ma quando arrivano in Ungheria dalla sorella di lei, succede qualcosa per cui K. torna da solo.

Il 9 settembre scrive a Felice di aver avuto uno sbocco di sangue. Dato che odiava i medici (per farti star bene, ti fanno del male), non si cura finchè Max lo costringe ad andare da uno specialista, ha la tubercolosi.

È la fine dell’amore tra lui e Felice, fra due persone molto diverse: da una parte una donna pratica in carriera, dall’altra un uomo che vive per scrivere, ma vuole restare dentro il mondo e i suoi problemi che pure non è in grado di affrontare e si trova da essi sconfitto e umiliato.

Perlopiù K. interpretò la tubercolosi come psicosomatica: Il mio cervello non riusciva più a sopportare le preoccupazioni e i dolori che gli venivano imposti. Allora disse: mi arrendo. Se però qui c’è ancora qualcuno interessato al mantenimento del tutto, allora si sobbarchi una parte del mio peso e si tirerà avanti ancora per un poco. Così si presentarono i polmoni, molto da perdere certo non avevano. Queste trattative tra cervello e polmoni che avevano luogo a mia insaputa devono essere state terribili.

Altra volta chiama la Tbc “la pistola giocattolo nei miei polmoni”.

Che fosse una malattia psicosomatica è opinione di tutti, interpretata in genere come simbolo della sua incapacità di aderire ai valori della comunità, di affrontare i propri sentimenti e la pressione che ne deriva.

K. è scettico:” la medicina va a caccia alla cieca di quest’unica malattia come un animale in infinite foreste”. Inoltre “metà dell’Europa ha i polmoni malati”. Da qui viene il trascurarla preferendole inutili cure naturalistiche, come il restare nudi all’aria aperta, al freddo e altri comportamenti che si ritrovano nella Montagna incantata di Thomas Mann.

Kafka la descrive non sempre in negativo: “Ho verso la tubercolosi l’atteggiamento di un bambino che si aggrappa alla gonna materna”. Inoltre la malattia gli dà la forza di lasciare la “cara, povera Felice”.

Non sono sicuro delle interpretazioni psicosomatiche: già sei volte K. era stato in sanatorio, inoltre la malattia (con relativo ricovero) era considerata dall’Ottocento qualcosa che affinava la sensibilità e dal dottor von Hartungen, come lui, vi si ricoveravano tali malati, ad esempio Heinrich Mann.

Kafka e la sorella Ottla

                      Kafka e la sorella Ottla

Diagnosticata la tubercolosi, dopo un periodo in sanatorio, Kafka si reca a Zurau, in Boemia, dove sua sorella Ottla (la sua preferita) lavora a un modesto podere agricolo. Collabora con lei, è appassionato di giardinaggio e botanica sulla quale lei aveva seguito anche un corso.

Per rivederlo, Felice compie un viaggio di 30 ore da Berlino a Zurau. Lui scrive nei Diari che con lei è stato “del tutto insensibile”, ha recitato “la commedia”. Di nuovo Felice lo raggiunge a Praga ed è la fine di quei tormentati cinque anni. Due anni dopo lei sposerà un funzionario di banca.

A Zurau la vita con la sorella è un periodo positivo. K. sapeva da sempre che non avrebbe potuto vivere con Felice, eppure non avevano mai avuto la forza di lasciarsi. Dato che mancano le lettere di Felice, non si sa come lei abbia vissuto cinque anni di lettere e probabilmente solo cinque di incontri malriusciti in un legame che ha qualcosa di sublime e di masochistico.

 Julie Wohryzek

Julie Wohryzek

Nel 1918, un anno dopo la rottura con Felice, Kafka si fidanza con Julie Wohryzek, una commessa figlia di un calzolaio scaccino di una sinagoga. Il padre di Franz è furibondo vedendo in questo possibile matrimonio un declassamento sociale e invita il figlio a frequentare il bordello dandogli anche qualche consiglio. Franz scrive la Lettera al padre, un centinaio di pagine contro di lui, dure e bellissime che non gli consegnerà mai.

Sull’argomento bordello K. non aveva niente da imparare. Del 1908 è il suo rapporto equivoco e breve con Hansi Julie. Scrive: la sera ad una grande mostra con un’altra, alle 5.30 a casa. “Ieri in hotel con una prostituta troppo vecchia (…) non l’ho consolata, poichè nemmeno lei ha consolato me”. (rispettivamente: Lettere a Brod, 9 giugno e settembre 1908). Alla fine di quell’anno finiva il rapporto con Hedwig Weller.

Un viaggio di cultura con Max a Weimar è arricchito dalla visita ai bordelli dei Paesi attraversati, descritti umoristicamente nei Diari: Milano, Parigi, mentre a Lipsia i due amici arrivano quando le ragazze non sono ancora alzate. A Weimar K. inizia un flirt con la giovane figlia del custode della casa di Goethe e porta in giostra alcune ragazzine.

Quelle frequentazioni compaiono in un sogno del 9 ottobre 1911 che riporto in breve: K. percorre in punta di piedi per non disturbare un lungo corridoio con stanze a destra e sinistra, alcune stanze erano bordelli. Come l’ultima camera dove si ferma e vede due prostitute.

Si occupa di una, Max dell’altra: Io le palpavo le gambe e indugiai a premerle regolarmente le cosce. Il mio piacere era tale che mi stupivo di non dover pagare per quel divertimento. Con mio grande spavento volse la schiena coperta di grandi cerchi rossi come ceralacca. Guardai preoccupato Max che senza paura…

II sogno svela un rapporto tormentato: attraversa un bordello, prova piacere, teme però che la donna abbia una malattia venerea (la ceralacca).

Esco dai bordelli e incontro Julie Anche lei è molto diversa da K., che così la descrive a Max: Una figura comune (…) innamorata del cinema, operette e commedie, della cipria e dei veli, padrona di una quantità inesauribile e irrefrenabile delle più sfacciate espressioni di gergo, in complesso molto ignorante, più allegra che triste. È bella, ma insignificante, come, poniamo, il moscerino che vola contro la mia lampada.

Resta senza risposta una domanda: perché anche il suo più intimo amico Max Brod, un’amicizia che dura tutta la vita, è tanto diverso da lui? Perché K. che pure piaceva alle donne come loro a lui, si fidanza con due che sono il suo contrario?

 Elsa Bergman nel 1936

Elsa Bergman nel 1936

Eppure ne conosceva molte che, essendo sposate, hanno poi dato testimonianze reticenti. Elsa Bergman che fu moglie di due accaniti sionisti Gershom Scholem e Hugo Bergmann, gli dedica varie poesie, eccone una:

Di tanti uomini ebbi diletto

Curiosità del corpo e ardente anelito

Solo una volta però, del cielo attinsi il fondo

Nel tempo incalzante della vita

Fu un soffio, a malapena un bacio

Un raggio lieve e d’oro mi confisse il cuore

Un solo attimo impalpabile

All’intera mia vita portò luce

E le tue parole: amicizia reca bontà,

forse…immortalità.

Di lui Elsa ricorda due versi del 1903: C’è un giungere e un andare

Un separarsi e spesso- mai più ritornare.

Ancora una fra le molte testimonianze, quella di Anna Pourazovà, educatrice nella famiglia Kafka nel 1910: Facevamo lunghi bagni nell’Elba (circa 30 km a nord di Praga) e prendevamo il sole in spiaggia, sempre separati e senza costume da bagno per avere un rapporto intimo con la natura e gustare fino in fondo il sole e l’estate (…) andava molto in bicicletta e giocava a tennis con una bella ragazza. Dopo il suo ritorno a Praga scrisse una lunga poesia “Stella”, così si chiamava la signorina. “Franz le è infedele” mi disse Ottla. Una domenica pomeriggio Ottla cominciò a saltare intorno al tavolo e cantò: “ing, ang, ling, ong” al nostro Franz piace molto la signorina Anna!

La prossima puntata sarà dedicata al suo ultimo triangolo.

di Mario Baldoli

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Quando la politica infilza la cultura e si ritrova infilzata

marzo 21, 2024 in Approfondimenti, Recensioni

283f0aeb3159a88989496fe75f92a074_w200_h_mw_mh_cs_cx_cyA 140 anni dalla nascita della propria casa editrice Daniele Olschki ne richiama l’avventura ripercorrendone la vita in una breve densa memoria (p. 38) Gioverà ricordare, meminisse iuvabit, pubblicata dallo stesso Olschki, con prefazione di Liliana Segre che corregge il sottotitolo da “sarà utile ricordare” con un “ricordare è necessario, un dovere per ciascuno e per tutti, per i singoli cittadini e per le Istituzioni”.

L’attenzione di Daniele si appunta soprattutto sul fondatore Leo Samuele, poliglotta e bibliofilo che, proveniente dalla Prussia orientale, iniziò l’attività di editore, stampatore e antiquario a Venezia. Si trasferì pochi anni dopo a Firenze dove il rapporto con dei magnati americani fece decollare l’iniziativa e lo rese noto, tanto che un giovanissimo Vittore Branca lo ricordava come “il favoloso principe dei bibliofili, l’amico di imperatori e di re, dei Morgan e degli Action, di D’Annunzio e di Rilke”.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale iniziano però le difficoltà. Il nazionalismo italiano si abbatte sulla Germania, su di lui che da là proviene, sull’editrice attraverso i giornali: l’Olschki tedesco ed ebreo, la faccia sorridente e pingue dal naso aquilino. Date le evidenti minacce, Leo si sposta a Ginevra da dove continua, a dirigere l’editrice e dove apre una nuova sede, fermo nei suoi convincimenti sull’affermarsi finale di quella Humanitas cui sempre faceva riferimento e che, nella sua convinzione, avrebbe alfine vinto sulla brutalità della guerra. Leggi il resto di questa voce →

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Al vertice del triangolo d’amore c’è Franz Kafka (3)

marzo 6, 2024 in Approfondimenti

Praga, monumento a Kafka

Praga, monumento a Kafka

A Felice: Sarò sempre tuo                               A Grete: Lei è primaverile, mi rende felice

Devo correggermi: una lettrice osserva che tra i massimi scrittori del Novecento, citati nella precedente puntata su Kafka, va inserito almeno Thomas Mann. Ha ragione. Erano anche contemporanei, se così si può dire di uno che visse 80 anni e l’altro 40.

Nel precedente articolo prevedevo di scrivere dei due triangoli amorosi di Kafka, invece sono così complessi che ora posso scrivere solo una parte del primo, il seguito la prossima volta.

Entrare in un triangolo- un uomo e due donne o una donna e due uomini, tralasciando altre combinazioni, richiede nel nostro caso buoni occhiali, perché il triangolo è geografico: Vienna, Praga, Berlino; è nazionale: tedesco, ceco, ebreo, coinvolge (un uomo) Kafka e due donne, si consuma nella prima metà di un secolo sconvolto dalle guerre balcaniche, dalla Grande guerra e da potenti scoperte scientifiche (ad es. Einstein, Planck, Freud) e novità culturali (Heinrich e Thomas Mann, Wedekind, Rilke, Klee, Klimt, Benjamin, Mahler, Schonberg, Stravinskij, Prokof’ev). Leggi il resto di questa voce →

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Le donne della bellezza, la bellezza nella storia

febbraio 1, 2024 in Recensioni

copertina donne sacreSe il naso di Cleopatra fosse stato più corto… Chissà perché Blaise Pascal sognava Cleopatra, la “donna fatale” dell’antichità: un profilo affilato, capelli nerissimi, pelle bruna ambrata, occhi verdi. Così la presentano Franco Cardini e Marina Montesano in Donne sacre. Sacerdotesse e maghe, mistiche e seduttrici, ed. Mulino.

Naturalmente in ogni epoca la bellezza ha i propri canoni. Le statue e i poemi greci segnano un’epoca, mille anni dopo ci abbagliano le celluliti di Rubens. Superba era l’imperatrice bizantina Teodora, occhi grandi che dominano un volto triangolare; nel Novecento le smaglianti Soraya regina di Persia ed Eva Peròn, signora dell’Argentina (cadute ambedue, caddero politicamente i loro mariti: la storia sa vendicarsi), nel cinematografo lasciarono un segno Brigitte Bardot, Audrey Hepburn e tante altre.

Non è un mio elenco, sono alcune personalità che illuminano passaggi su cui gli autori si soffermano per ricordarci che tutto inizia in una grotta preistorica da cui esce una figurina di pietra, dal grosso seno e fondoschiena, archetipo di tutte le possibili donne, alcune adorate come Maria di Nazareth, altre sedotte o seduttrici dagli esiti perversi: Pandora, Elena, Clitemnestra, Medea. Leggi il resto di questa voce →

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L’anarchico socialista Franz Kafka (2)

gennaio 23, 2024 in Approfondimenti

Kafka giovaneÈ piuttosto comune pensare Kafka, con Proust il più grande scrittore del Novecento, come un uomo chiuso in una soffitta a macerarsi in fantasie onanistiche che lo tramutavano in scarafaggio, scimmia e marmotta, con amori falliti e sensi di colpa immaginari e masochistici.

Al contrario, Kafka – oltre a molti incontri amorosi- ebbe ideali e una pratica politica che non abbandonò mai.

Comincia giovanissimo a criticare la comunità ebraica, frequentata anche dal padre (contro cui scrisse la Lettera al padre) trovando intollerabile che le alleanze di fede diventassero alleanze d’affari, che la comunità religiosa si trasformasse in circolo sociologico e culturale. Una comunità senza etica. Così come era insegnata e praticata, la storia degli ebrei gli sembrava una fiaba e delle religioni pensava che si perdono come gli uomini.

A sedici anni aderisce al socialismo, idea alla quale resta fedele per tutta la vita. Leggi il resto di questa voce →

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Amori seri e goliardici del giovane Kafka (1)

gennaio 3, 2024 in Approfondimenti

Il giovane Kafka

Il giovane Kafka

Nel 1906, sul colle di san Lorenzo sopra Praga, un uomo di 23 anni si interroga inquieto. Si tratta di Franz Kafka, dottore in giurisprudenza (col voto di sufficiente): Consideravo i desideri che avevo riguardo alla vita. Risultò che il più importante era quello di arrivare a una visione della vita che pur nel suo naturale cadere e risalire, nello stesso tempo potesse essere vista come un nulla, un sogno, un essere sospesi.

Il nulla, il sogno, l’essere sospeso, un’idea nichilista di sé e del futuro. Ma a quell’età Kafka non ne era certamente maturo e dentro gli urgeva una fresca voglia di vivere, se pure con una sotterranea minaccia. La sua costituzione fisica era fragile: già nell’estate del 1903 aveva soggiornato al Sanatorium (che in tedesco significa semplicemente “Casa di cura”) di Weisser Hirsch, vicino a Dresda. L’anno dopo iniziò a scrivere Descrizione di una battaglia.

Nell’estate del 1905 in un altro Sanatorium, lo Schweinburg a Zuckmantel (Slesia) incontra il primo amore. Nei Diari scrive d’essere stato in intimità con lei, ma lei era una donna e io un ragazzo. Che fosse un ragazzo a 22 anni è evidentemente una frottola, e ne ha raccontate altre, come ogni scrittore. Su quell’incontro non si sa altro. Leggi il resto di questa voce →

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L’umanesimo anarchico di Albert Camus

novembre 15, 2023 in Approfondimenti, Recensioni

Copertina camusNel 1960 moriva in un incidente d’auto Albert Camus, lo scrittore e drammaturgo francese più significativo e problematico del secondo Novecento, premio Nobel nel 1957 “per aver saputo esprimere i problemi che oggi si impongono alla coscienza umana”.

Tra i rottami dell’auto, la figlia aveva trovato un romanzo ancora in via di ordine e sistemazione, ne ha ricomposto pagine e frammenti. Gallimard l’ha pubblicato nel 1994 col titolo Il primo uomo, arrivato ora alla seconda ristampa, trad. Ettore Capriolo, Bompiani editore.

E’ un’autobiografia in terza persona, un romanzo di formazione e insieme un giudizio politico. Nell’interpretazione di Sarra Ghira, docente universitaria e caporedattore di “Orient XXIche ne scrive criticamente nel saggio Questione algerina. Sfatare il mito di Camus, l’opera è nella sua struttura, una tragedia di forte potenza simbolica,

Come per tutti i grandi scrittori, l’interpretazione della vita e dell’opera di Camus resta contraddittoria. Filosoficamente esistenzialista sono Il mito di Sisifo (1942): la vita non ha senso, e indagatore dell’assurdo Lo straniero (1941): il distacco tra l’uomo e la natura. Leggi il resto di questa voce →

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Un mondo ubriaco di guerra

ottobre 23, 2023 in Approfondimenti, Attualità

Chomsky libroDalla fine della II guerra mondiale, il colonialismo e il neocolonialismo occidentali hanno provocato la morte di circa 55 milioni di persone: mai tante stragi ci furono nella storia dell’umanità. Decine di milioni di persone sono morte in silenzio per le conseguenze della guerra. Paradossalmente oggi più che mai, dato che i Paesi ricchi fanno le guerre con piccoli eserciti, scaricando le loro bombe e moltiplicando i morti soprattutto tra la popolazione civile. Di solito tutto avviene in nome della libertà e della democrazia, mentre si dice che siamo in pace da oltre 70 anni. Forse troppi? Ora è tornato il tempo delle guerre.

Il dialogo tra Noam Chomski e Andre Vltichek, Terrorismo occidentale, traduz. di Valentina Nicoli, 2015, Ponte alle grazie editore, ha un inizio e una fine uguali: “Sembra che viviamo in un mondo impazzito”.

Il grande intellettuale e il giornalista d’inchiesta hanno identificato e fotografato quello che non avremmo mai voluto leggere e nemmeno sapere. Che noi, cittadini, governi e poteri economici d’Europa e soprattutto – in proporzione – degli Stati Uniti abbiamo le mani e il cervello sporchi di sangue. Leggi il resto di questa voce →

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Profumo di Persia in una nuova grande poeta

maggio 21, 2023 in Persia

Simin Behbahani

Simin Behbahani

Con emozione mi trovo sul tavolo l’opera delle due maggiori poetesse persiane del Novecento: Forugh Farrokhzad e Simin Behbahani.

A mio parere due poetesse ben più ricche e profonde dei nostri due Nobel Montale e Quasimodo (Simin fu anche proposta due volte per il Nobel). Del resto, su come si prende un Nobel, v. Enrico Tiozzo, La letteratura italiana e il premio Nobel. Storia, critica e documenti, Olschki 2009.

Di Forugh abbiamo scritto il 30-12-2022 sotto il titolo Donna vita libertà riportando molte sue poesie. Su Simin è stato pubblicata nel gennaio 2023 la prima monografia italiana di Nahid Norozi, docente di Lingua e Letteratura persiana all’Università di Bologna, intitolata La mia spada è la poesia. Versi di lotta e d’amore nell’opera di Simin Behbahani, ed. WriteUp Books, (Ferdows. Collana di studi iranici e islamici). Il volume comprende una vasta antologia commentata di circa 80 poesie di Simin con i testi originali persiani in appendice, una ventina dei quali ascoltabili tramite l’applicazione QR. Leggi il resto di questa voce →

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