Il Melodramma

maggio 10, 2013 in Musica da Mino Rossi

Premessa

Il Melodramma è genere che ha attraversato quattro secoli (XVII à XX) con trasformazioni di linguaggio musicale e alterazioni di ambienti sociali e culturali, perché ha saputo interpretare le istanze dei suoi destinatari = pubblico.

Nelle peripezie erano trattati argomenti che interessavano i committenti: dal divertimento iniziale a temi sociali e politici nel succedersi di anni, di secoli.

Scrivere sul Melodramma, allora,  significa non solo rilevare i mutamenti stilistici musicali, ma focalizzare questioni sociali e politiche dibattute, ove esistenti, e, in ogni caso, puntualizzare il quadro culturale, in cui le vicende si muovano e il compositore operi. In una situazione culturale come l’attuale, caratterizzata da assurde, quando non anacronistiche, pretese di un ipervirilismo tanto ottuso, quanto criminale, lo studio del Melodramma deve indicare come conflitti di genere prima e attriti sessuali dopo abbiano vivacizzato le tessiture melodrammatiche.

Di fronte al fallocraticismo, degenerato in condotte delittuose, produttive di spietati femminicidi, retaggio obbrobrioso di società culturalmente sottosviluppate, come ad esempio l’italiana di oggi, l’analisi del melodramma non può esimersi dal considerare la storia dei difficili rapporti donna-uomo, sfocianti in conflitti sociali e sessuali, nel corso dei secoli.

Il Melodramma, oggi, è stato sostituito da telenovele, da Soap Opere, da Fiction, da Music Hall e via dicendo, ma i sottostanti conflitti non sono spariti, perché la volontà di potenza, insita nel maschilismo, impedisce che siano sciolti e superati. Fin tanto che le leggi saranno scritte e redatte da uomini, anche per le donne, l’apartheid  sessuale sarà sempre in vigore, e il suo peggiore sintomo è costituito dall’aberrazione delle cosiddette Quote Rosa.

soprano anna moffo

I

Lo spettacolo della vita nei suoi aspetti più propriamente umani, passioni, sentimenti, desta sempre emozioni. Non esiste altro luogo più adatto del teatro o del cinema alla loro rappresentazione. Quella che abitualmente si chiama curiosità morale, in realtà è uno stimolo provocato dai neuroni a specchio, stimolo che collega attore e spettatore.  Sulla scena non si vedono soltanto le movenze dell’attore, ma si guardano i movimenti della sua anima, espressi dalla mimica, dalla voce.

Tra le passioni, l’amore è la più commovente, perché essa agita l’anima di tutta l’umanità.

Come è noto, il Melodramma è sorto ad opera di Monteverdi con lo scopo di esprimere le sue istanze drammatiche, già vibranti in molti suoi Madrigali, ricercando l’antica tradizione dei tragici greci, che voleva la poesia unita alla musica e procurando divertimento ai mecenati e alle loro corti. I soggetti di queste opere erano tratti dalla mitologia e  dalla storia liberamente ricostruita, seguendo il proteiforme flusso della fantasia. Le trame dei libretti si snodano in sequenze drammaturgiche fantastiche, in cui non si porgeva la minima attenzione alla coerenza logica dei fatti e allo sviluppo dell’azione, in conformità al carattere delle dramatis personae.

La follia del Melodramma nasce in questa atmosfera, in cui ogni situazione viene travolta dalla fantasia, in un crescendo di strutture barocche, contro cui, più innanzi, si schiererà Christoff Williband Gluck (1714-1787).

È chiaro che in questo secolo, che fu, in ossequio ai canoni del concilio di Trento (1545-1563), crudelmente maschilista e spietatamente antifemminista, il melodramma esaltava le virtù degli eroi forti e guerrieri, capaci di attrarre nella loro gloria le donne, deboli di spirito e di mente.

Il Combattimento di Tancredi e Clorinda è pagina eccezionale nel contesto della tassesca Gerusalemme liberata e questa singolarità ha influenzato la pagina di Monteverdi: l’amore = eroismo, che pervade il poema di Tasso, trova la sua più completa ed alta espressione nella figura della pagana Clorinda, il cui sentimento travolge il cristiano Tancredi. Negli occhi della donna morente aleggia lo sguardo della gagliarda amazzone Pentesilea, in cui l’amore canta nel riflesso della morte, mentre la femminilità trova il suo fascino nelle cose intime non espresse, nel silenzio della coscienza, nella pausa lunga delle parole d’amore rimaste spente sui labbri, per sempre.

In quel periodo storico, in cui si abbruciavano donne, la cui confessione, estorta tra le torture dei morbosi frati dell’Inquisizione, cambiava in streghe; in cui si muravano nella solitudine dei conventi ragazze adolescenti, ree soltanto di essere nate femmine, per non ledere il principio d’ordine economico del fallocratico istituto del maggiorasco; in cui alla donna tutto era negato, persino l’anima, il Melodramma non si poneva neppure una sola domanda sulla condizione femminile: le parole di Angela Tarabotti, monaca per imperio paterno, rimangono sfoghi di un’anima distrutta dalle angustie della vita monacale:

… ma l’opinione del sesso virile è giunta a tale che si fa lecito ogni oscenità e disonestà e tiene pur giusto l’opprimere le donne in ogni affare e di continuo esercitarsi in loro sprezzo, accusandole di fragilità e chiamandole inferme, deboli e mutabili in ogni operazione.

(continua)

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