Leggende e racconti nascosti nei boschi d’Italia

ottobre 24, 2022 in Recensioni da Roberta Basche

Alberi copertinaGli alberi del nostro Paese custodiscono segreti, gli scaffali delle biblioteche cittadine …anche.

Ed è alla biblioteca del Museo di Scienze naturali che un faggio dalle foglie gialle e dal tronco blu, troneggiante sulla copertina di un libro, mi ha attirato come una calamita: Alberi! 30 frammenti di Storia d’Italia, edito da Marsilio nella collana Arte.

Questo sottile libretto (79 pagine suddivise tra testo e immagini) è stato pubblicato in occasione della mostra omonima tenutasi da marzo ad agosto 2022 presso il Museo del ‘900 di Mestre; la mostra e il libro sono opera di Annalisa Metta (paesaggista), Giovanni Morelli (arboricoltore), Daniele Zovi (esperto di alberi e divulgatore), Guido Scarabottolo (illustratore).

Il volumetto è costituito da ritratti disegnati e scritti, seri e scherzosi, di 30 alberi che nelle parole di Michelangela Di Giacomo, curatrice del Museo del ‘900 di Mestre, sono “testimoni silenziosi di uno dei tanti frammenti che compongono il ricco e poliedrico mosaico della storia d’Italia recente e lontana”.

Sono alberi rigogliosi e festosi, feriti e venerati e ad un primo sguardo tra le pagine mi colpiscono per la loro bellezza l’Acero di monte tranquillo, il Cipresso di San Francesco, la Farnia di sterpo.

Arioso nella sua fittissima chioma l’Ailanthus altissima (albero del paradiso) è “adatto ad ogni tipo di suolo, tenace, di sana e robusta costituzione”. E’ una pianta solitaria: le sue radici emettono tossine che tengono alla larga qualsiasi animale. Si propaga ovunque e pare non gradito all’essere umano.

Ailanthus altissima

Ailanthus altissima

Temutissimo, vietatissimo, è sempre in capo alle liste di epurazione vegetale che elencano a chi sia proibito affondare le proprie radici nella terra italica. E’ un clandestino, senza diritto di cittadinanza; uno straniero, senza permesso di soggiorno. E’ un ambasciatore delle selve apolidi e per questo, forse, provoca tanto turbamento, perché sfugge ostinatamente a ogni tentativo di reclusione, mentre noi, altrettanto ostinatamente, serriamo le frontiere e pretendiamo dagli alberi requisiti di cittadinanza, improbabili per gli umani e ridicoli per le piante, irriducibili migranti”.

Il castagno di Grisolia, in Calabria, ci assomiglia: pelle liscia da giovane, diviene rugosa invecchiando. Ha una grande cavità nel tronco dove ci si può intrufolare. Ma attenzione a non disturbare gli ospiti: salavruni -ramarri che giocano a nascondino!

Il Castagno dei Cento Cavalli

Il Castagno dei Cento Cavalli, a Sant’Alfio (CT)

In Sicilia si trova il Castagno dei cento cavalli: secondo una leggenda sotto le sue fronde si rifugiò la regina Giovanna D’Angiò con i suoi cento cavalieri. Anche Federico vi trovò riparo con le sue truppe sotto una pianta: la quercia di Tricase, nota come Quercia dei Cento cavalieri. “Ho misurato a passi l’ampiezza della sua chioma” scrive Zovi “circa 700 metri quadrati. Credo ci starebbero cento cavalieri, senza cavalli, s’intende”.

A Macugnaga, ai piedi del Monte Rosa, un vecchio e malato tiglio ascolta da anni il Walser– lingua di origine germanica- e i segreti dei ragazzini che giocano sotto le sue fronde.

Resiste a Velletri, nel parco di Villa Bonini un Cedro del Libano ferito: si è adattato alle barre di ferro tedesco che nell’ultima guerra mondiale hanno offeso il suo tronco.

Il volume riserva storie tristi come quella di un ippocastano.Ero dunque a Dunnas” scrive Zovi “e camminavo tra le case dell’antico paese che sembrava appoggiarsi ad una grande parete rocciosa. Poi mi sono trovato a percorrere un breve tratto di un’antica strada romana scavata nella roccia (…) ho camminato lungo via Roma e alla fine l’ho visto: svettava…” Questo incontro risale al 2005; dieci anni dopo Zovi ritorna in Valle d’Aosta: “l’ippocastano non c’era più, o meglio, il tronco c’era ancora e a pochi metri dal suolo ancora si divideva in tre parti, ma quei tre fusti erano monconi neri e privi di vita”.

Il "fico del diavolo"

Il “fico del diavolo”

Da scoprire l’Albero delle melanzane detto anche Fico del diavolo: “di indole adottiva, offre ospitalità a molte altre piante (…). Perciò non è raro trovarlo nei verzieri italiani con pomodori, melanzane e peperoni a maturare sui suoi rami accanto ai grappoli delle sue bacche gialle”.

Racconto, storia, leggenda, curiosità, fantasia accompagnano le descrizioni dei 30 alberi, ciascuno dei quali è dotato di una scheda scientifica che ne specifica origine, aspetto, distribuzione, disseminazione e usi.

Leggo e rileggo, sfoglio e osservo affascinata dalle parole, dai disegni ed i loro colori.

di Roberta Basché

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