Patrick Hamilton: Rope e Gaslight

aprile 9, 2013 in Libri perduti o da tradurre da Anna Zorzi

rope

Oggi proponiamo un autore inglese, Patrick Hamilton (1904-1962), di cui in Italia è stato tradotto un solo libro. Romanziere, drammaturgo, sceneggiatore, Hamilton ha ispirato i film di Hitchcock Nodo alla gola (Rope) e di Cukor Angoscia (Gaslight). L’angoscia che Hamilton esprime in ambienti sempre lividi e bui, con lievi battute, con lo scontro nella famiglia e tra amici, ne fanno un precursore di Harold Pinter. Tra i tanti scrittori che l’hanno amato, basti il giudizio di Doris Lessing Hamilton è stato uno scrittore meraviglioso, gravemente trascurato.

Rope, primo successo teatrale di Patrick Hamilton, scritto nel ’29 e adattato in versione cinematografica da Alfred Hitchcock 20 anni dopo, è la storia di Brandon e Granillo, due giovani, ricchi, raffinati studenti di Oxford, tipici rappresentanti dell’upper-middle class inglese degli anni ’20. Ispirati dal mito del Superuomo, pianificano e portano a termine l’assassinio di un loro compagno di studi, Ronald Kentley, figlio di Sir Johnstone Kentley. Nascondono poi il corpo in una cassapanca che piazzano al centro del salotto del loro elegante appartamento nel quartiere londinese di Mayfair. Per sperimentare il brivido del crimine all’eccesso, invitano alcuni conoscenti, tra cui il padre e la zia della vittima, ad una cena da consumarsi attorno alla cassapanca, adibita per l’occasione a tavolo da pranzo.  Tra una chiacchiera e l’altra, condita da macabra ironia e sottile dark humour su temi quali omicidio, giustizia e pena capitale, l’atmosfera si carica sempre più di tensione e paura, complice anche il temporale che si scatena fuori tra tuoni e lampi,  fino al momento del congedo degli ospiti. Tutti se ne vanno, ignari della macabra realtà, tranne Rupert Cadell,  amico della vittima, al quale non sono sfuggiti né i pochi indizi fondamentali per alimentare i suoi sospetti sui suoi ospiti, né i loro comportamenti decisamente bizzarri quella sera.  Brandon e Granillo, messi alle strette dall’incalzante interrogatorio di Rupert, confessano la loro colpa.  La scena finale vede Rupert che, con un fischio, dà il segnale alla polizia, da lui precedentemente avvisata, di intervenire e consegnare i due assassini alla giustizia .  You have taken and killed- by strangulation- a very harmless and helpless fellow creature of twenty years. And you have done more than this. You have not only killed him; you have rotted the lives of all those to whom he was dear. ..You are going to hang, you swine! Hang!“ (avete preso e ucciso- strangolato- un giovane ventenne innocente e indifeso. E avete fatto anche di più. Non avete ucciso solo lui, avete rovinato per sempre la vita di tutti coloro che lo amavano. …Sarete impiccati, porci! Impiccati!). Da qui il titolo originale Rope , che significa appunto capestro.

Hitchcock non restò indifferente al fascino di questo thriller, che, sebbene da lui modificato in alcune parti per adattarlo al pubblico americano, si avvicina molto per ritmo e temi al suo stile. Adottò anzi la tecnica del campo lungo con un’unica sequenza, come fossimo a teatro. Se un maestro del cinema come lui scelse questo testo da divulgare tra il pubblico americano, perché non tradurre l’originale per il pubblico italiano?

GASLIGHT  di Patrick Hamilton

gaslight

Mr Manningham  What are you doing, Bella?  (cosa stai facendo, Bella?)

Mrs Manningham  Nothing , dear…..don’t wake yourself (niente, caro……non svegliarti)

                                           -pause-

Mr Manningham  What are you doing, Bella? Come here…… (cosa stai facendo, Bella? Vieni qui….)

Fin dalle prime battute di questa pièce teatrale, il protagonista, Mr Manningham, si presenta al pubblico come un marito tirannico che, ossessionato dalla bramosia di trovare alcuni gioielli per i quali assassinò una anziana donna anni prima, subdolamente conduce la moglie sull’orlo della pazzia. E sarebbe riuscito nel suo intento se solo la salvezza della moglie stessa non si fosse materializzata nella figura di un abile poliziotto in pensione che all’epoca aveva seguito il caso irrisolto dei gioielli scomparsi e che può ora , a distanza di anni, consegnare alla giustizia il colpevole di quell’efferato omicidio.

Gaslight è la seconda opera teatrale di Patrick Hamilton, che gli portò successo e notorietà a soli dieci anni dal suo debutto a teatro con Rope. Fu accolta dal pubblico e dalla critica con tale entusiasmo che, dopo la sua prima rappresentazione nei teatri londinesi della West End, approdò a Broadway (col titolo Angel Street), dove restò in scena per ben quattro anni consecutivi  con un record di 1295 performances e ispirò due versioni cinematografiche: la prima inglese nel 1940 e la seconda hollywoodiana  nel 1944. Quest’ultima valse a Ingrid Bergman l’oscar per la sua magistrale interpretazione della malcapitata Bella Manningham.

L’opera, definita dall’autore stesso  un thriller vittoriano, perché ambientato nella Londra di fine ‘800 e primi ‘900, carico dei condizionamenti sociali e psicologici tipici di quell’epoca così contraddittoria,  ha tutte le caratteristiche del thriller psicologico che tiene lo spettatore incollato alla poltrona man mano che scopre i misteri che avvolgono casa Manningham. La versione americana  esce doppiata in Italia col titolo azzeccato di Angoscia perché la tensione che si crea è tale che lo spettatore prova la stessa angoscia vissuta dalla sottomessa e tiranneggiata Bella fino al finale a sorpresa.

Nonostante Hamilton, in una lettera al fratello Bruce a proposito del film, esprima il suo disappunto per gli adattamenti fatti alla sua opera originale, il suo biografo  Sean French, in Patrick Hamilton, A Life – London, Faber &Faber, 1993, scrive che alla sua morte Hamilton lascia una dozzina di romanzi di prima qualità e due fra le opere teatrali di maggior successo commerciale del suo tempo. E’ una grave mancanza che noi lettori italiani non possiamo leggere il testo originale tradotto, confrontarlo con il film doppiato, e infine scegliere quale delle due versioni preferiamo.

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