Il segreto del tasso [1]

febbraio 2, 2016 in Letteratura da Silvano Danesi

danesi 1Gli echi del conflitto giungevano attutiti a La Roche, tranquillo villaggio immerso nel verde delle Ardenne, ora nel territorio del Belgio e un tempo parte della Gallia Lugdunense, patria dei Tricassini e dei Lingoni.

Gabriele si era rifugiato, con Helen, Aaron, Yvette e Desina a due passi dai boschi, così come aveva fatto, molti secoli prima Robin Hood per sottrarsi, rifugiandosi nella foresta, alla protervia feudale. Ora la protervia si stava scatenando nei campi di battaglia (boots on the ground, secondo le regole d’ingaggio moderne), nei cieli e sui mari.

L’Europa era sotto attacco dei terroristi islamici. Era la guerra. Una guerra feroce, diversa da ogni guerra del passato, perché diffusa ovunque.

La piccola comunità di amici si sentiva custode di antichi segreti e di antiche indicazioni per scoprirne altri; custode di una civiltà antica che poteva anche scomparire, travolta dagli eventi bellici e dalla “guerra santa” dell’estremismo islamico. 

La loro strana avventura era iniziata con una telefonata a Gabriele di Irene, la quale aveva scoperto una pergamena ritenuta di origine templare sulla quale una scritta e alcuni numeri avevano indotto una serie di ricerche che avevano portato a scoperte straordinarie, ma anche ad una catena di guai.

Con l’aiuto di Padre Nicodemo Popisco, sacerdote ortodosso e amico di Gabriele e dell’archeologa Desina Novalis, ambedue agenti del Mossad, Gabriele era giunto in possesso di uno scrigno contenente l’antica polvere egizia di MFKTZ.

Morti Irene e Padre Nicodemo durante un bombardamento in un kibbuz, Gabriele con Desina aveva raggiunto la Bretagna su una nave danese sulla quale si era imbarcata anche Helen, un’ebrea di nazionalità olandese dai poteri di veggente, che aveva indotto in Gabriele la visione di antichi mondi, ancora presenti in universi paralleli. Visioni capaci di trasmettere informazioni che si erano intrecciate con i messaggi in codice scoperti da Irene e scritti su un antico papiro egizio, mostrato a Desina da Hermann, un tedesco rivelatosi un agente di Odessa, l’organizzazione che proteggeva i gerarchi nazisti sopravvissuti alla caduta del Reich.

In Bretagna, in una casa protetta del Mossad,  a Gabriele, Desina e Helen si erano aggiunti Yvette, poi rivelatasi adepta del Priorato di Sion e Aaron, un agente dei servizi segreti israeliani, incaricato da Padre Nicodemo di aiutare Gabriele nelle sue ricerche.

Scoppiata la guerra tra Iran e Israele, il gruppetto era stato invitato a riparare nelle Ardenne.

***

Gabriele scese al piano inferiore della casa che avevano affittato ai limiti del villaggio, dove iniziavano le colline ancora coperte da quel che rimaneva dell’antica foresta che occupava gran parte dell’Europa del nord e che, anticamente, nella sua interminabile continuità, rendeva credibili i viaggi del Barone rampante favoleggiati in un romanzo di Italo Calvino.

Attorno al tavolo, che serviva per i pasti e per le riunioni quotidiane, lo stavano aspettando Helen, Aaron, Desina e Yvette.

Gabriele aveva riaperto in solitudine lo scrigno e aveva letto e riletto il lacerto di papiro che stava sul fondo, coperto dall’antica polvere egizia.

“E’ ora che vi renda noto il contenuto del messaggio”, disse con tono grave.

“Il messaggio è contenuto in un quadrato”.

Stese sul tavolo un foglio sul quale aveva riprodotto il contenuto del papiro.

V
I
O
O
V
I
I
O
V

Una scritta in antico egizio, che era stata messa a corredo del quadrato, fu posta davanti a Desina, l’unica del gruppo in grado di tradurne il significato.

Desina, dopo essersi accesa l’ennesima sigaretta, si mise all’opera, sotto gli sguardi inquieti e interroganti degli altri componenti il gruppo.

Dopo una lunga pausa che aveva lo spessore dell’eternità, Desina alzò il capo e disse: “Significa più o meno questo: «α e β guarda nel tuo tempo». Credo voglia dire che il quadrato va interpretato usando l’alfabeto o la lingua del nostro tempo e, dal momento che il messaggio è arrivato a Gabriele, l’alfabeto è quello italiano”.

Desina fece una pausa e poi, con un guizzo ironico negli occhi, aggiunse: “C’è anche la firma”.

I membri del gruppo si guardarono sorpresi.

“Si, è la firma di Unas, ma ormai sappiamo che Unas è Padre Nicodemo o, meglio, che Padre Nicodemo era la reincarnazione di Unas”.

Ancora una volta le dimensioni spazio temporali di universi paralleli si stavano intrecciando. E ancora una volta Padre Nicodemo stava dando a Gabriele e ai suoi compagni di viaggio indicazioni.

Si guardarono e, come già avevano fatto nei mesi precedenti, si misero all’opera.

Gabriele era ormai divenuto un esperto di rebus. Che voleva dire quel quadrato con lettere che potevano anche essere numeri? Un codice numerico? O altro?

Gabriele cominciò dalle lettere: una V una I e una O.

Le mise in vario ordine, tentando di costruire parole che avessero un senso, finché, giunto ormai al punto di abbandonare l’impresa, sulla carta si formò una frase che un senso poteva averlo: OVVIO I IVO.

Quell’ovvio aveva tutto il sapore dell’ironia un poco sarcastica di Padre Nicodemo, Ivo poteva essere un nome, ma la I che cosa significava?

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