Yanis Varoufakis, la crisi, il Minotauro e un nuovo partito

marzo 27, 2017 in Approfondimenti, Crisi da Mario Baldoli

minotauro-globaleQuando nel luglio del 2015 Yanis Varoufakis si dimise da ministro dell’economia della Grecia, dopo aver resistito cinque mesi all’assalto della Troika, dichiarò in un’intervista: Quello che il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea, l’Unione europea stanno facendo alla Grecia ha un nome: terrorismo. Perché ci hanno costretto a chiudere le banche? Per installare la paura nella gente. E quando si tratta di diffondere il terrore, questo si chiama terrorismo.

Più volte è tornato sul tema per denunciare: Non esiste una crisi greca, invece la Grecia è sintomo di uno smottamento di più ampia portata nella storia economica globale. 

Un pensiero che Varoufakis sviluppa nei suoi due ultimi libri: I deboli sono destinati a soffrire? L’Europa, l’austerità e la minaccia alla stabilità locale (ed. La nave di Teseo, p.556) e Il Minotauro globale. America, Europa e il futuro dell’economia globale, (ed. Spider&Fish, p.280).

Gruppo 2009 si è occupato più volte di problemi economico-sociali del nostro tempo, dall’assurdità (generalmente ammessa) del concetto di Pil, alle analisi di Caparròs, Stiglitz e Gallino sulla crisi che stiamo vivendo. Aspettavamo i libri di Varoufakis per conoscere il complesso del suo pensiero e le sue risposte alla politica della Troika. Fra gli studiosi di economia è anche uno dei pochi che ha vissuto un’esperienza politica diretta e drammatica.

Quell’accento sulla “storia economica globale” è la parte più convincente della sua analisi, che mostra anche qualche punto debole. Varoufakis ripercorre i fatti dal dopoguerra, tenendo come termine di riferimento la crisi del 1929. Una crisi che, dopo la sconfitta delle proposte economiche di Keynes e i deboli risultati del New Deal di Roosvelt (andato al potere solo nel 1932) sfociò nella guerra, il motore folle dell’economia.

Come Stiglitz, anche Varoufakis è sostanzialmente un keynesiano. La loro condanna dell’economia capitalista che per crescere ha bisogno di continue bolle, da quella dall’informatica alla casa; le loro analisi su disoccupazione, condizione della società, aumento della povertà dei poveri e della ricchezza dei ricchi, distruzione della classe media non differiscono. Ambedue sorvolano sulla necessità di una lotta di classe forse non più tra proletariato e borghesia, ma tra poveri, precari, sfruttati e ricchi, uno dei quali ha anche ammesso recentemente: c’è una lotta di classe, e noi l’abbiamo vinta.

Varoufakis scrive che alla fine della II guerra mondiale gli Stati Uniti scaricano il loro surplus sui paesi che hanno distrutto: il Giappone e la Germania, che ne hanno evidentemente più bisogno.

Con la guerra, Roosvelt sgancia il rapporto fisso del dollaro con l’oro (1944, Bretton Woods), mantenendo tuttavia un rapporto fluido, mentre le altre monete restano legate al dollaro. Nascono il Fondo Monetario e la Banca Mondiale. La proposta di Keynes di creare una sola moneta per il mondo capitalista cade nel vuoto. Una proposta che sembrava ripresa da Strauss-Kann, all’epoca direttore del FMI, come soluzione della crisi del 2008. Ma una denuncia per tentato stupro l’ha tolto di mezzo.

L’arrivo dell’euro impedisce il sistema di svalutazione dei Paesi deboli, come Italia e Grecia nei confronti della Germania, che era diventato il Paese del surplus. (Ma io ricordo tristemente quel periodo di inflazione sfrenata e speculativa, intorno al 20% all’anno).

A partire dagli anni Sessanta il surplus americano che raccoglieva i soldi del mondo diventò un enorme deficit a causa dello sviluppo indipendente della Cina e della guerra nel Vietnam. In quegli anni il reddito dell’americano medio scese del 2% e le passività del governo superarono i 70 miliardi di dollari, a garanzia dei quali c’erano in cassa solo 12 miliardi. Costretto da Francia e Inghilterra (Pompidou aveva mandato un incrociatore alla volta del New Yersey per riscattare i propri dollari Usa in cambio dell’oro custodito a Fort Knox), Nixon proclamò la fine a tutti gli effetti di Bretton Woods e la non convertibilità del dollaro con l’oro. Era il 1971.

Ma i soldi continuarono e continuano ad affluire a Wall Street a causa dell’acquisto del debito americano da parte di vari Paesi, mentre gli stessi ed altri vendono all’America anche il loro surplus.

Era il trionfo del neoliberismo, il Minotauro, per cui l’economia andava abbandonata alle forze autoregolatrici del mercato, il debito era il motore dell’economia e il mercato insegnava che il miglior modo di far del bene ai poveri era di arricchire i ricchi. A questa filosofia tanto paternalistica quanto assurda aderì subito l’Europa con i suoi partiti sedicenti socialisti. Il problema è lo stato- diceva Reagan; da noi diventò uno slogan: Meno stato più mercato. Una reale sinistra avrebbe sostenuto il contrario. Una parentesi: a Brescia quella che fu poi chiamata Asm, fu creata più di un secolo fa rendendo pubbliche con dei referendum varie aziende, come quella dei trasporti e dell’elettricità. I nostri predecessori sapevano che se i privati ci guadagnavano, era bene che quel guadagno andasse al comune. Qualche decennio fa l’Asm è stata privatizzata da un comune sedicente di sinistra.

Ma non è indolore assorbire il surplus del mondo, nemmeno per gli Stati Uniti. Così nacque ciò che Varoufakis chiama il regime del Minotauro. Il mercato, per continuare a crescere negli Usa e nel suo satellite, la Gran Bretagna, lanciò i subprime, obbligazioni che cambiavano i riferimenti per cui i cittadini le avevano acquistate, ed erano rivendute all’insaputa dei proprietari. Le banche non avevano copertura per gli investimenti, i prestiti e gli scambi che facevano: in pratica emettevano soldi inesistenti. Quella truffa esplose molto più che le bolle precedenti. Schiacciò sotto una montagna di debiti, che si rivelarono inesigibili, le famiglie che avevano investito i loro risparmi e quelle che si erano indebitate. Anche le banche si trovarono indebitate per miliardi. I salari crollarono e non hanno ancora recuperato il valore che avevano negli anni Cinquanta, un immobile su 200 fu espropriato dalle banche (si pensi all’umiliazione di chi deve lasciare la propria casa). Alla crisi gli Usa reagirono con un aumento dei tassi di interesse che, oltre a distruggere ulteriormente il risparmio dei propri cittadini, fece esplodere il debito del Terzo Mondo, il secondo disastro storico dopo la colonizzazione.

Orgoglio greco. Una grande bandiera sul Taigeto, 2016

Orgoglio greco. Una grande bandiera sul Taigeto, 2016

Era arrivata la verità, accompagnata dal fallimento di una pseudoeconomia che si reggeva su equazioni e algoritmi che potevano dimostrare una cosa e il suo contrario. I loro inventori erano stati premiati con vari Nobel. Fallirono banche, agenzie private e industrie. Il G7 identificò la crisi dovuta ai subprime in 400 miliardi di dollari, il debito degli Usa schizzò al 540 % del prodotto interno lordo. Obama iniettò 1000 miliardi di dollari per salvare le banche. Si capì che al mondo esistono solo banche e multinazionali.

Scrive Varoufakis: la Troika crede che “i dogmi economici valgono solo se confermano le sue profezie. Se la realtà non concorda con i dogmi, tanto peggio per la realtà”. Non solo: quando arrivano le crisi, cresce la Destra e esplodono le fantasie religiose, la società ne è travolta.

Alla fine delle due opere Varoufakis delinea quattro sue diverse strategie per uscire dalla crisi, tutte entro l’ambito delle attuali regole europee. Non è possibile esporle nella loro nella loro vastità e complessità. Si può però coglierne l’aspetto sociale: L’Europa sta attraversando la peggiore crisi umana e sociale dalla fine degli anni quaranta. In Paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo le necessità vitali non sono coperte, mentre crescono estremismo, razzismo, xenofobia e nazismo. La stima per l’Unione europea non è mai stata così bassa. Ma l’Europa si può impegnare immediatamente in un programma di solidarietà di emergenza che garantisca una base alimentare e una fornitura minima di energia ai suoi cittadini per mezzo di tessere alimentari. Questi programmi potrebbero essere finanziati dalla Commissione europea usando gli interessi che si accumulano nelle banche centrali e tassando le varie transazioni finanziarie. Varoufakis propone scelte che dovrebbero sostituire quelle prese da Paesi che pensano solo a se stessi, e ricorda la completa mancanza di solidarietà degli altri Paesi in difficoltà nei confronti della Grecia. Proprio per l’egoismo di ogni stato, io credo che sia ancor più necessaria la lotta di classe.

Per restare alla Grecia: Il parziale cancellamento del debito greco nel marzo 2012 (quasi 300 miliardi di euro) ha lasciato a fine anno un carico debitorio ancora più pesante perché la Grecia è stata costretta ad assumere nuovi prestiti per ripagare la Troika, la quale da 7 anni ha preso le redini della sua economia imponendo feroci politiche di austerity (meglio sarebbe dire: di impoverimento), che hanno provocato una recessione selvaggia. Cosa che non ha indotto la Troika a rivedere le proprie ricette. Oggi il 22% dei Greci è sotto la soglia di povertà.

Soglia di povertà significa, scrive l’Istat, “il valore monetario a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia definita in base all’età dei componenti, la zona geografica, il comune di residenza”.

I due saggi di Varoufakis sono importanti e originali per la vasta sintesi economica sorretta da una logica impeccabile e per le vie d’uscita proposte.

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Sisa, la droga dei poveri in Grecia, ricavata dall’acido delle batterie delle automobili

Tuttavia Varoufakis non considera realmente i dati dei capitali nascosti nei paradisi fiscali (a cominciare dall’Inghilterra), quelli dell’evasione fiscale (di Apple e Fca, come degli armatori greci, per esempio) e del trasferimento della produzione e del lavoro nei Paesi dove tutto costa meno. Infatti la globalizzazione si fa sempre verso il basso: costo del lavoro, distruzione dell’ambiente e della vita sociale, disoccupazione, mercificazione della persona.

Il 23 marzo 2016 a Roma Varoufakis ha presentato un nuovo partito DiEM25 Democracy in Europe Movement. Il numero 25 è l’anno in cui si spera che il sogno diventi realtà. Vi hanno aderito, fra gli altri, Ken Loach, Bernie Sanders e Noam Chomski. Un partito internazionale per salvare quanto di buono e civile abbiamo costruito nei secoli.

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