Storia orale: una bussola da maneggiare con cura

aprile 29, 2018 in Recensioni da Mario Baldoli

fuco-padre-e-figlio-florindoragozzino-e-altri-colleghi1C’era una volta Nuto Revelli con Il mondo dei vinti, centinaia di interviste per raccontare i dimenticati della terra, il capolavoro che fece conoscere quanta storia nasceva lasciando parlare e registrando. Si apriva una nuova frontiera: la storia orale, certo già nota, soprattutto nel mondo anglosassone, ma mai tanto illuminata in Italia.

Vennero poi le nuove tecnologie: trasformazione in digitale, flussi tra piattaforme diverse, riproduzione dei contenuti digitalizzati, interconnessioni e multimedialità che fecero nascere subito problemi giuridici: la privacy, il consenso informato, i diritti d’autore, conservazione e accesso alle fonti, riutilizzazioni di interviste fatte magari decenni prima. Contemporaneamente diventa pressante la richiesta di storia pubblica sprigionata dal presente che chiama continuamente in causa la storia orale. 

È l’argomento che affronta la rivista “Il mestiere di storico”, n.2, 2016, ed. Viella in un capitolo di Bonomo, Casellato, Garruccio, Maneggiare con cura”. Un rapporto sulla redazione delle Buone pratiche per la storia orale.

Il testo è il risultato di una commissione di storici, giuristi e un archivista che ha definito le linee guida della storia orale, linee che si trovano nel sito dell’Associazione italiana di storia orale, http://aisoitalia.org,

Buone pratiche da seguire, dati i pericoli di finire direttamente in prigione.

Un caso internazionale fu quello di Gerry Adams, prima leader del Sinn Féin, poi tra i protagonisti delgerry-adams-001 processo di pace in Irlanda, chiamato in causa delle informazioni contenute in interviste realizzate da un gruppo di ricercatori americani.

Benchè i patti tra intervistatori e intervistati fossero chiari: niente doveva essere nascosto dagli intervistati né rivelato prima della loro morte, il governo britannico chiese a quello americano la consegna delle interviste. Dopo otto anni di contenzioso, il governo americano cedette alla polizia dell’Irlanda del Nord 11 nastri sugli 85 complessivi.

Si era nella primavera del 2014 e subito Gerry Adams fu arrestato perché due testimonianze lo accusavano di omicidio.

Nei primi anni Novanta la magistratura che aveva riaperto il processo per un omicidio avvenuto a Correggio nel 1946, sequestrò i nastri delle interviste a ex partigiani e comunisti realizzate 10 anni prima dall’Istituto per la storia della Resistenza.

Vari casi riguardarono eredi di fascisti repubblicani o di partigiani o militanti politici che non si riconoscevano nelle loro parole o le ritenevano travisate.

Ci furono anche situazioni molto diverse: un contenzioso che finì in tribunale riguardò la pubblicazione di interviste fatte nel Veneto da due geografi universitari ai protagonisti di una mobilitazione locale contro l’inquinamento di un’industria chimica. L’industria denunciò gli storici in sede penale e civile.

Naturalmente questi fatti bloccano molte possibili fonti e mettono in guai seri gli storici stessi.

Ciò ha reso necessaria la stesura delle Buone pratiche. Il testo delle Buone Pratiche non ha la pretesale-fonti-orali-per-la-storia-contemporanea-un-corso-di-aggiornamento-500 di esaurire l’argomento, ed inoltre è uno dei più liberali in materia, a differenza di quelli anglosassoni. Si colloca infatti nel solco della storia orale italiana nata soprattutto per raccogliere voci ed esperienze delle classi subalterne.

Lo stesso schema delle “Buone pratiche” andrà continuamente aggiornato con l’evoluzione dei nuovi mezzi tecnologici. Rimane tuttavia una prima bussola per orientarsi in una realtà che può presentare dei pericoli.

La sintesi di alcuni punti: l’intervista – che deve essere di interesse pubblico – richiede il consenso esplicito dell’intervistato; chi intervista non deve mettere in pericolo i propri informatori, né ledere la riservatezza e la dignità degli intervistati; deve scegliere accuratamente gli strumenti di registrazione e garantire ad altri studiosi l’accessibilità delle fonti. Il tutto mantenendo, com’è ovvio, la libertà di ricerca.

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