Berlino-Mediterraneo: un gioco di specchi

maggio 7, 2020 in Architettura e urbanistica, Recensioni da Laura Giuffredi

Bredekamp_copertina

Il paradosso si rivela già nel titolo “Berlino città mediterranea. Il richiamo del Sud” (2019, Raffaello Cortina Editore) e l’autore Horst Bredekamp ci conduce a scoprire una vocazione antica, presente per molti secoli nella storia tedesca, a proiettarsi con nostalgia verso sud, verso il Mediterraneo, verso la culla della civiltà greco-latina.

Una civiltà fatta anche di architettura, naturalmente, per cui di forme, di spazi, di volumi, di vuoti e di pieni, di funzioni ed ornamenti.

Il dipinto allegorico di Friedrich Overbeck dal titolo “Italia e Germania” (1811-1828) potrebbe ben sintetizzare, dalla Neue Pinakothek di Monaco, questa Weltanschauung di lungo corso.

Come bene chiarisce l’autore “ Berlino non è scaturita dal nulla, bensì dai riflessi di specchi collocati al di là delle Alpi”.

F. Overbeck  “Italia e Germania” (1811-1828)

F. Overbeck “Italia e Germania” (1811-1828)

Si parla soprattutto di architettura monumentale, espressione del potere vigente che nell’arte cerca e trova legittimazione; per cui i monumenti, che siano il Castello Reale che fece da sfondo all’incoronazione di Federico I o il Teatro Regio dell’Opera o ancora la Cattedrale di Sant’Edvige, definiscono un’identità precisa nel segno della continuità col mondo classico e le sue forme, che procede poi fino alle soluzioni di funzionalità e riproducibilità del Bauhaus e della modernità, espressa anche nell’immagine della città industriale razionalista.

Tutto ciò si compì nel centro di Berlino dal XVII secolo attraverso successivi passaggi: un iniziale processo di italianizzazione, avviato dal Grande Elettore Federico Guglielmo di Brandeburgo, con riferimento al classicismo romano; una successiva fase che propose Berlino come “nuova Firenze”, con le soluzioni di architetti e artisti come Schinkel e Schluter ; un approdo che dal classicismo, ormai esplorato in ogni sua forma, giunge alla sintesi contemporanea, che punta sulla modularità. Qui intervengono le soluzioni dell’italiano Aldo Rossi negli anni ’90 del Novecento, a risarcire con discrezione “per analogia” il tessuto della città, ove guerra e DDR avevano lasciato macerie o mutili lacerti. Ed ecco che il cerchio si chiude, tra centro e sud d’Europa.

I nomi di architetti italiani costellano il volume a dimostrare la costante presenza di un’ispirazione che trae linfa da Palladio come dal Foro di Nerva, da Borromini come da Michelangelo.

Tale simbiosi fu ovviamente sostenuta da una capillare e metodica ricerca accademica, con studiosi come Herman Grimm, Heinrich Wolfflin, Adolf Goldschmidt, Erwin Panofsky, che costruirono in Germania un centro di ricerca per la storia dell’arte orientato all’Italia e dai cui studi non si può tuttora prescindere.

Alle speranze dell’architettura progressista, nel solco della migliore tradizione classico-rinascimentale, che tali studiosi seppero così mirabilmente indagare, si oppose la frattura culturale espressa nel rogo dei libri compiuto nel maggio 1933 presso il Forum Friedericianum: il monumento di Micha Ullman collocato a terra nel 1995, proprio in quel punto di Bebelplatz, sancisce come in questo luogo s’infransero tutte le utopie incoraggiate dal rispecchiamento di Berlino nel Mediterraneo: utopie come quella che sostenne la Repubblica di Weimar, che si volle ispirare alla Repubblica fiorentina nel Rinascimento, o come quella che alcuni volontari tedeschi, in partenza con le Brigate Internazionali in Spagna, riconobbero nelle sculture ellenistiche dell’ Altare di Pergamo, cariche di pathos civile.

Bebelplatz, Memoriale

Bebelplatz, Memoriale

A noi viene da considerare che la Berlino contemporanea, con suo afflato multietnico e la sua dimensione internazionale, attrattiva di arte e cultura globale, rappresenti oggi il recupero di una nuova utopia, di apertura e tolleranza, nel solco di quella interrotta tradizione.

 

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