Il femminicidio e l’ennesima legge truffa

novembre 5, 2013 in Approfondimenti da Sonia Trovato

Ch’abominevol peste, che Megera
è venuta a turbar gli umani petti?
che si sente il marito e la mogliera
sempre garrir d’ingiurïosi detti,
stracciar la faccia e far livida e nera
bagnar di pianto i genïali letti;
e non di pianto sol, ma alcuna volta
di sangue gli ha bagnati l’ira stolta.
 (Orlando furioso, V, 2)
 

I versi in epigrafe sono collocati al centro di un proemio interamente dedicato alla violenza sulle donne. Nell’incipit del canto in questione, un indignatissimo Ariosto, rifacendosi a passi dell’Eneide e dell’Inferno dantesco, denuncia l’uomo come l’unico animale che picchia, spesso inferendo colpi mortali, la propria compagna. Siamo nel primo trentennio del Cinquecento e già si parlava di femminicidio. L’opinione pubblica italiana è arrivata alle conclusioni del poeta ferrarese con quattro secoli di ritardo, trasformando un dato ovvio e millenario – la donna è, per motivi di fisiologica e culturale sottomissione, facile preda della brutalità maschile – nel nuovo tormentone televisivo. Improvvisamente, Barbara d’Urso, Maria De Filippi, Mara Carfagna e tutte le altre protagoniste, dirette o indirette, di una tv spazzatura, che tratta la donna come un’avvenente e seducente minus habens, hanno deciso di trasformare un fatto che si ripete, inesorabile, da quando esiste l’umanità in un’emergenza.

DSCN3532Al coro si è unito il secondo sindacato italiano, che a Brescia ha organizzato, nella mattinata di mercoledì 23 ottobre, un convegno battezzato “Basta! Cisl Brescia contro la violenza sulle donne”. Il dato da mettere positivamente in rilievo rispetto al dibattito politico, che pensa di poter porre fine al femminicidio soltanto con la repressione giuridica, è l’attenzione che, sin dalla presentazione dell’incontro, è stata posta sull’aspetto culturale: Per cambiare veramente non servono soltanto leggi più severe, convezioni internazionali contro queste violenze: se condividiamo che è un atto culturale, come tale va affrontato, cambiando radicalmente l’educazione dal basso, imponendo un diverso concetto di integrità della persona, condividendo rispetto verso la libertà dell’altro, accettando la diversità come un valore e non un demerito, combattendo contro l’idea radicata, soprattutto in Italia, della proprietà del maschio umano sulla donna, un potere che considerano la base della loro identità virile.

Non a caso, il primo intervento è stato affidato a una docente di antropologia all’Università Cattolica di Brescia, Anna Casella Paltrinieri, che ha indicato nell’assuefazione secolare a certi discorsi, come ad esempio il fatto che è normale le donne sacrifichino qualsiasi possibilità di carriera per badare ai figli, una delle cause principali della violenza di genere. Al centro della sua riflessione, la studiosa ha posto il tema del desiderio: il desiderio va educato e oggi l’educazione sentimentale dei giovani è affidata ai reality e ai talk show. È necessario battersi per una centralità dell’educazione, che tenga conto del fatto che non tutto ciò che si muove debba tradursi in azione. Si può stare male per l’altro senza incolpare l’altro. Inevitabile qualche accenno alla mercificazione pubblicitaria e televisiva del corpo femminile, che l’insegnante ha però esteso, riferendosi a quel che avviene quotidianamente nei social network, alla vita privata in generale: il mistero dell’altro non esiste più. Ma la trasparenza è totalitarismo, è violenza, è pornografia dei sentimenti. All’antropologa va inoltre riconosciuto il merito, all’interno di un convegno organizzato da un sindacato cattolico, di aver indicato il matrimonio come la struttura sociale nella quale viene messa in atto l’istituzionalizzazione della sottomissione di una parte della popolazione, ossia le donne e i bambini. Il cambiamento dei ruoli – conclude Anna Casella Paltrinieri – ha sconvolto gli uomini. Servono, pertanto, spazi di educazione, discussione e riflessione.

Una possibilità, a Brescia, è data dall’Associazione Cerchio degli Uomini, che è stata presentata dal suo presidente, Aldo Braga, e che intende offrire alla popolazione maschile modelli differenti che non siano la prevaricazione affettiva. Anche il Telefono azzurro-rosa, nella persona di Valentino Tosoni, ha posto l’accento sull’importanza della prevenzione, sostenendo che presentarsi presso la loro struttura con un’amica o una vicina, già dopo i primi episodi di violenza, funziona da deterrente per il maltrattante, perché sa che qualcun altro, oltre alla compagna, è a conoscenza dei suoi comportamenti.

Del versante giuridico si è invece occupato un Dirigente della Polizia Anticrimine, Domenico Farinacci, mettendo in luce il ritardo culturale in materia di pari opportunità di un Paese che, fino al 1975, ha avuto, all’interno del proprio Codice penale, l’attenuante per il delitto d’onore, offrendo l’occasione a Pietro Germi di firmare uno dei capolavori del cinema nostrano, Divorzio all’italiana. Un problema sul quale non si riflette abbastanza in termini normativi – spiega Farinacci – sono i tempi troppo lunghi per ottenere il divorzio. Con un iter più snello si toglierebbe al coniuge violento l’alibi del “È pur sempre mia moglie”. Ma il vero problema è la disparità di accesso al mercato del lavoro, dato che quando il maltrattante è l’unico percettore di reddito, la donna tende a rinviare iniziative di denuncia o di ammonimento.

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Il convegno ha sollevato delle legittime riflessioni e ha, a nostro avviso, trattato il problema nella giusta prospettiva, ma avanziamo due obiezioni. Come pensare, intanto, che si possa cambiare l’educazione dal basso se – nel 2013, in prima serata e su una rete che si propone come il fiore all’occhiello dell’approfondimento giornalistico della tv generalista – assistiamo ancora a un concorso come Miss Italia? “Né nude né mute”, recitava lo slogan sulle magliette che le partecipanti hanno orgogliosamente sfoggiato per rispondere alle critiche di Laura Boldrini. Ma un costume intero al posto di un succinto due pezzi non cambia il senso di sconfitta nell’ascoltare queste ragazze, al limite dell’anoressia, impettite sulle scale, con un sorriso di plastica e con il numeretto in mostra, mentre sciorinano i titoli accademici, che collezionano in attesa della “promozione” del mondo dello spettacolo. Come si può tollerare che i due conduttori, ovviamente uomini, si permettano di affermare, tra il faceto e l’incredulo, che c’è da dire che queste ragazze hanno anche degli interessi. Per quanto si tratti di pappardelle imparate a memoria per impressionare la giuria, è motivo di tale stupore constatare che l’universo femminile è fatto di passioni che non siano necessariamente fare a maglia o stare ai fornelli? La bella notizia è che i dati sullo share ne hanno sancito il flop, ma è possibile che il sindacato guidato da Bonanni non si senta in dovere di spendere due paroline sulla contraddizione tra i proclami del governo e i contenuti sessisti e machisti che ogni giorno passano per il tubo catodico e che formano le nuove generazioni?

femminicidioLa seconda osservazione riguarda il Decreto legge sul femminicidio, che di prevenzione e formazione quasi non parla, che non stanzia un euro per i centri antiviolenza e che propone, in sostanza, un giro di vite meramente repressivo. Il fatto poi che le pene si inaspriscano nel caso in cui le donne maltrattate siano mogli o in dolce attesa autorizza l’idea che ci siano maltrattamenti di serie A e maltrattamenti di serie B e che mogli e madri meritino un trattamento legislativo di riguardo. Ma il dato più deprecabile è che si approfitti di un fenomeno che trova consenso equanime nell’opinione pubblica per insistere sulla repressione e sul tentativo di smantellamento della lotta NoTav, prevedendo un’ulteriore militarizzazione della Val Susa e punizioni più severe per chi oltrepassa i cantieri. Cosa c’entra la violenza sulle donne con la contestazione contro l’alta velocità? Gli articoli che con il femmincidio c’entrano come i cavoli a merenda non si fermano qui: l’articolo 15, ad esempio, riconosce più libertà alla Protezione civile, permettendole di bypassare i controlli preventivi della Corte dei Conti sulle ordinanze per le emergenze. Se pensiamo a quello che ha combinato, prima delle modifiche in questione, Bertolaso con la sua cricca, trasformando la Protezione civile in un giro d’affari per faccendieri trafficoni, c’è da temere per quello che potrebbe succedere in futuro. E, ciliegina sulla torta, nel dl è presente anche un emendamento che rende nulla la riforma delle Province, proposta dal governo Monti con il Salva-Italia.

Insomma, la sensazione è che si cavalchi questa emergenza creata ad hoc per dare man forte alla polizia, negli ambiti più disparati. Ci aspetteremmo, pertanto, che un convegno che ha davvero a cuore l’integrità femminile, morale e fisica, denunciasse quest’accozzaglia incongruente e dichiarasse l’illegittimità di un provvedimento che, a nome delle donne, si fa promotore di derive autoritarie e punitive, soprattutto se queste derive autorizzano comportamenti di impunità e violenze contro le stesse che il decreto dichiara di voler proteggere http://www.huffingtonpost.it/2013/07/20/no-tav-la-denuncia-dellattivista-pisana_n_3628527.html

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