Il segreto del tasso [3]

maggio 2, 2016 in Letteratura da Silvano Danesi

tassoSul lato destro dei cerchi di pietra, Gabriele vedeva alcune figure. Nello scendere non aveva incontrato anima viva e si sorprese di quell’improvviso apparire di persone che si muovevano in fila. Sembravano donne, vestite d’azzurro, con uno scialle dello stesso colore sul capo. Che ci facevano a quell’ora e con quel freddo?

Gabriele chiamò Padre Nicodemo, sempre indaffarato con la bussola e gli chiese: “Le vedi? Chi sono?”. Padre Nicodemo ebbe un attimo di esitazione. Si guardò intorno e rispose con naturalezza: “Delle donne vestite d’azzurro che salgono, in fila, sul lato destro dei cerchi”.

La sicurezza della risposta durò un attimo. I due si guardarono e all’improvviso si resero conto che quanto stavano vedendo non apparteneva a questo mondo. La fila di donne era ben delineata, ma era avvolta da una strana trasparenza, simile a quella che si può notare in giornate particolarmente calde, quando l’aria sembra incresparsi e ondeggiare.  Irene, ignara di quelle presenze, si stava occupando dei sassi. 

“C’è qualcosa di molto strano”, disse Padre Nicodemo. “Allontaniamoci – aggiunse – e osserviamo. Ognuno di noi deve cercare di sentire o di vedere in proprio, senza farsi suggestionare dagli altri”.

Padre Nicodemo aveva una lunga esperienza in fatto di fenomeni non propriamente normali e non voleva che quanto si stava verificando, per quanto straordinario, potesse cadere nell’orizzonte di una suggestione di gruppo. Cercò quindi di alzare le antenne e di  abbassare l’emotività

Passarono più di due ore e quando Gabriele si decise a risalire verso la baita vide Padre Nicodemo assorto in mezzo ai prati.

Padre Nicodemo vide Gabriele superarlo e a ad un tratto girarsi verso i prati ed agitare la mano destra in forma di saluto. Capì che anche Gabriele stava vedendo quel che lui vedeva e ne ebbe la conferma di lì a poco, quando il gruppo si riunì sul ciglio della strada, accanto all’automobile. Irene guardò i due uomini con aria interrogativa. “Cosa c’è? Cosa avete visto?”.

I due uomini erano eccitati e al contempo frastornati.

“Ti ho osservato mentre salutavi, quindi hai visto anche tu”, disse Padre Nicodemo.

“Ho visto e vedo ancora. C’è una fila di donne vestite di azzurro. Sono disposte ad est dei cerchi, quasi sulla sommità del prato. A Ovest c’è una fila di uomini vestiti di bianco. In mezzo, più sotto, verso la parte bassa del prato, c’è molta gente. Ho l’impressione che anche loro vedano noi. Ci stanno salutando”.

“E’ vero, sento il suono dei cimbali e dei corni”.

Irene aveva gli occhi sgranati dalla sorpresa. Non capiva cosa stessero dicendo Padre Nicodemo e Gabriele.

“Sono stato in mezzo a loro – disse Gabriele – e li ho toccati. Una donna mi ha dato la mano. Due uomini mi hanno parlato. Era come se fossi attraversato da una lastra di vetro: dietro a me il mondo di qui, con i prati vuoti, il silenzio; davanti a me una festa, con gente viva che si muoveva e vociava. Non ti nascondo che ad un tratto ho sentito la voglia di fermarmi a mangiare qualcosa con loro”.

“Una grande folla – aggiunse Nicodemo – e le due file dei druidi e delle sacerdotesse. E’ un rito, una festa. Ad un tratto ho visto una donna mora che mi sorrideva, come se mi avesse riconosciuto. E’ incredibile, avevo già avuto alcune visioni di altre dimensioni, ma tutto questo è straordinario. E’ una scena di massa e loro sono vivi, come noi”.

Gabriele chiese: “Chi era quell’uomo con le braccia alzate, in mezzo alle due file dei druidi e delle sacerdotesse? E’ l’unico che non sono riuscito a vedere bene. Era grigio, come trasparente”.

“Anch’io l’ho visto così. E’ straordinario”.

Le pietre, quel giorno, passarono in secondo piano. Un mondo si era spalancato ai loro occhi. Un mondo vivo.

***

Gabriele bisbigliava parole incomprensibili.

Yvette, Desina e Aaron lo guardavano cercando di cogliere dal movimento delle labbra qualche significato di quel continuo bisbiglio monotono, che sembrava un mantra.

Helen, anch’essa in trance, non staccava la sua mano dal polso di Gabriele, il quale guardava in alto, verso le travi massicce di quercia del soffitto.

La radio di servizio  di Aaron, nell’altra stanza, gracchiava in continuazione, ma nessuno osava rompere quell’atmosfera incantata.

Desina sorseggiava una Westmalle Dubbee, prodotta in base a ricette medievali dei Trappisti, mentre, rilasciando ampie volute di fumo, gustava una Belga filter.

Aaron muoveva ritmicamente la gamba destra, pronto a balzare verso la radio non appena Gabriele fosse rientrato nella realtà.

Yvette guardava Gabriele e le sue labbra tentavano  di riprodurne il bisbigliio.

La pendola, appesa alla parete, con il suo ticchettio incessante, segnava il trascorrere del tempo, che sembrava dilatarsi ed espandersi nell’irrealtà di un mondo sognante.

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