La sapienza è scritta sulla tua pelle

gennaio 10, 2022 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli

Papyrus copertinaLa prima impressione è come l’inizio di un film: Misteriosi gruppi di uomini a cavallo percorrono le vie della Grecia. Così comincia il libro della filologa e scrittrice spagnola Irene Vallejo, Papyrus, l’infinito in un giunco, trad. di Monica Besana, ed. Bompiani. Quei cavalieri vanno ad una caccia mai vista, a caccia di Libri.

Li manda Tolomeo I, divenuto re d’Egitto nella divisione che seguì nel 314 a. C. la morte di Alessandro Magno, il cui progetto di unire Asia e Grecia in un unico popolo facendo sposare ai suoi generali figlie di satrapi e nobili persiani moriva con lui, si scioglieva il sogno di un impero che unisse occidente ed oriente. Alessandro malato? Avvelenato? Con lui crollò un ideale, ma nacque una nuova cultura, quella ellenistica che conquistò anche Roma, la signora del mondo dove si realizzò la realtà quell’impero universale.

Anche Tolomeo perseguì un sogno universale, forse di Alessandro, forse di Aristotele: costruire una biblioteca che contenesse tutti i libri del mondo. Tolomeo e i suoi successori fecero dell’Egitto il maggior centro culturale antico, luogo di attrazione degli uomini di scienza, fra tutti Eratostene che misurò la circonferenza della terra, non essendo un terrapiattista. L’Egitto possedeva, oltre alle piramidi, una delle sette meraviglie del mondo: il faro di Alessandria. Lì Tolomeo portò da Tebe la capitale: il seguito è noto, l’immensa biblioteca finì in fumo. Una storia di orrore lega il fuoco alla cultura, quindi anche ai libri, quando un nuovo potere vuol cancellare il precedente.

Quel che resta della biblioteca di Alessandria

Quel che resta della biblioteca di Alessandria

Secoli dopo Borges immaginava il paradiso come una biblioteca-labirinto. Un’utopia che invano perseguì nel Cinquecento Fernando Colombo, il figlio di Cristoforo (G9 ne ha scritto il 21 agosto 2019, si digiti – colombo – nella casella di destra dell’home page).

Papyrus è anche una storia dell’alfabeto, un percorso dal pittogramma al cuneiforme al bisillabo, alla scoperta di formalizzare i suoni, infine di aggiungervi le vocali. Anche i materiali cambiano: papiro, pergamena, tavoletta, carta, digitale.

In Papyrus c’è il tempo dell’uomo, quando nel passato la memoria era dentro di noi, mentre ora è fuori, è una protesi della nostra mente, e lo sottolinea Platone nel Fedro. Lui grande scrittore, contrario alla scrittura. Nel libro c’è molto del nostro viaggio culturale a cominciare dall’antichità che studiò per secoli solo l’Iliade e l’Odissea.

Difficile essere buoni quando la letteratura inizia con le parole dell’Iliade: Cantami l’ira. Le parole, lette a voce alta, risuonavano nel cuore degli antichi scolari e si trascinano nel presente. Odio per le idee diverse e per chi le porta, il libro, censurato, bruciato, anche in compagnia dell’autore.

Scrittura cuneiforme sumerica

Scrittura cuneiforme sumerica

Il libro è fragile. In questo istante una casa editrice distrugge i propri libri invenduti per fabbricare nuova polpa di cellulosa, l’Arno a Firenze distrusse collezioni di libri di pregio, molti si liberano di una biblioteca ereditata gettandola in un cassonetto, un esercito di insetti scava nella carta per deporvi le larve. Non occorrono i falò di Hitler, basta che un’opera sola sia distrutta, quel gesto farà tacere molti. Non sono lontani i Versetti satanici per cui Salman Rushdie visse nascosto per anni; sembrano avvicinarsi le profezie di 1985 quando la storia è continuamente riscritta, e di Farenheit 451. Il controllo dei desideri umani è ora sperimentato con l’intelligenza artificiale; Farenheit è l’estrema difesa, il recupero della memoria come rifugio alla distruzione della civiltà. Hanna Arendt l’ha scritto: Il passato ci spinge avanti, ma il futuro ci respinge al passato. E’ nella resistenza di questo anello che il libro sopravvive alla furia omicida, anche se.

la ribellione al totalitarismo c’è sempre stata.

Anticamente la più grande poeta di ogni tempo, Saffo, rovesciava i valori dell’Iliade:

Alcuni dicono che niente è più bello

sopra la terra bruna,

di una schiera di cavalieri o di fanti o di navi.

Io dico invece che la cosa più bella è la persona amata.

Saffo, malgrado il suo tiaso, era una donna sola, una donna che volle morire gettandosi dalla rupe di Leucade. Anche Archiloco opera una rivoluzione, era in battaglia e scappò a gambe levate irridendo al motto eroico: torna con lo scudo o sullo scudo:

Lo scudo che ho gettato mio malgrado tra gli arbusti,

Un baluardo eccellente,

Ora lo brandisce un tracio. Però ho salvato la pelle.

Che m’importa dello scudo? Vada in malora.

Altri rovesci di prospettiva: Eschilo nella tragedia I Persiani, la più antica giunta a noi, proprio lui che combattè a Maratona e a Salamina, rappresenta la guerra di Serse contro i Greci ponendosi dalla parte dei vinti, dei Persiani. Così Euripide nelle Troiane, fa parlare quelle povere donne che diventano schiave degli Achei distruttori di Troia. Fatte le proporzioni di contenuto e di tempo, Clint Eastwood in Lettere da Iwo Jima mostra la sofferenza dei giapponesi nelle centinaia di lettere che scrissero e mai arrivate.

 

Entriamo nelle biblioteche virtuali. Oggi continua l’antico sogno dei Tolomei d’Egitto: costruire una biblioteca universale; ad essa lavorano il progetto Gutenberg e Google book.

Come un giorno gli intolleranti, i cristiani probabilmente, poi i musulmani distrussero la biblioteca di Alessandria, così in futuro i libri digitali saranno illeggibili, come oggi i floppy disk. Si tornerà alla carta e continuerà l’utopia della biblioteca universale così come nelle abbazie si copiava il libro antico al tempo dei barbari.

Il libro è fragile come noi: la nostra pelle è una grande pagina in bianco, il corpo ne è il libro. Il tempo scrive a poco a poco la sua storia su facce, braccia, pance, sessi, gambe, scrive Vallejo. Oggi viaggia sugli algoritmi.

La poeta Anna Achmatova, mentre descrive le lunghe fila di donne davanti al carcere di Leningrado, scrive in Requiem, guardandosi allo specchio: Ho appreso (…) come dure pagine di scrittura cuneiforme il dolore traccia sulle guance. Il cuneiforme, la prima grande simbolizzazione, cresce su di noi con gli anni e con il dolore.

 

Non so se sei vivo
o sei perduto per sempre,
se posso ancora cercarti nel mondo
o ti debbo piangere mestamente
come morto nei pensieri della sera.

Ti ho dato tutto: la quotidiana preghiera
e la struggente febbre dell’insonnia,
lo stormo bianco dei miei versi
e l’azzurro incendio degli occhi.

 

Irene Vellejo

Irene Vallejo

Il rimbalzo continuo che Irene Vallejo instaura tra passato e presente è esaltante: scopriamo don Chisciotte che si fonde nei libri, l’ippogrifo di Ariosto, il libro che uccide nel Nome della rosa.

Le biblioteche più antiche, nate nell’Ellenismo, furono poi trasportate, bottino di guerra, dai Romani che con la loro praticità le resero più fruibili: cataloghi, liste, copertine, dorsi, librerie che vendevano di primo mattino in città e nelle terme in un impero che creò un meticciato universale con genti e imperatori provenienti da ogni regione dell’impero, migliaia di persone che si spostavano liberamente, migliaia di schiavi, come ieri nei campi di cotone, come oggi nascosti in ogni paese del mondo.

Poi la stampa creò altre biblioteche, portò i libri nelle nostre case. Il libro non è una merce; i libri somigliano al caos dei nostri ricordi, ha scritto Sebald. Essi sono fogli che creano una cittadinanza mondiale e lo spazio dell’incontro, aumentano la vita delle idee, danno la sapienza e la speranza.

 

 

di Mario Baldoli

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