Il naufragio del catalogo dei cataloghi

agosto 21, 2019 in Recensioni da Viola Allegri

Fernando Colombo

Fernando Colombo

Cristoforo Colombo aveva un figlio naturale, Fernando (1488-1539), colui che, portato via alla madre, da ragazzo lo vide per la prima volta in catene e lo seguì poi nel quarto viaggio in America.

Grande intellettuale e cartografo, Fernando lavorò alla corte di Spagna nella stesura di una mappa della Spagna: la distanza tra i paesi, il percorso dei fiumi, le proprietà, e qui il governo, si può ben immaginare, interruppe il suo lavoro.

Fernando Colombo si lanciò allora in una ricerca tanto nobile quanto impossibile, la costituzione della biblioteca universale.

Il suo scopo era di testimoniare la vita del suo tempo, ma a quella testimonianza dava una poco credibile e dissimulata finalità: setacciare tutto per distillare la verità.

Difficile credergli perché la sua non era la solita raccolta di antichi codici o di preziosi manoscritti eruditi, venduti dagli antiquari. Fernando si muoveva tra i piccoli mercanti di strada, perché lì, fra le carte lise, fra testi cattolici, luterani e arabi, stava un oceano non attraversato da suo padre, non il viaggio nello spazio, ma nel tempo, la sua epoca.

Raccogliere tutti i libri del mondo è l’impresa impossibile che sognò, fra tanti, Borges il secolo scorso: Ho peregrinato in cerca di un libro, forse del catalogo dei cataloghi. Mi preparo a morire a poche leghe dall’esagono in cui nacqui.

La Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti agli inizi del '900

La Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti agli inizi del ‘900

Una parentesi: oggi nemmeno gli algoritmi di Google books riescono nell’impresa. Google ha digitalizzato circa 15 milioni di titoli che le biblioteche e le università americane gli hanno ciecamente affidate. La Francia e l’Italia si sono parzialmente opposte. Google passa da un processo all’altro per il possesso dei copyright e, digitalizzando i libri, ne logora la carta e distrugge il dorso, a volte antico e prezioso.

Inoltre nessuno può sapere fin quando i programmi di scrittura di oggi saranno in uso, così come il costo vertiginoso dell’operazione.

Ritorno al libro: la splendida, folle navigazione di Fernando verso l’infinito è raccontata in un saggio fondamentale da Edward Wilson-Lee, Il catalogo dei libri naufragati. Il figlio di Cristoforo Colombo e la ricerca della biblioteca universale, Bollati Boringhieri 2019.

La Biblioteca di Alessandria d'Egitto in una stampa dell'800

La Biblioteca di Alessandria d’Egitto in una stampa dell’800

Un libro che insegue Fernando nella sua vita di ricerca, che non fu limitata ai libri, ma estesa a missioni diplomatiche per i re di Spagna, all’istruzione sul tracciare le rotte, all’insegnamento ai capitani di nave, alla ricerca di un metodo per il calcolo longitudinale. Mentre sullo sfondo si accalcano le guerre, cambiano le alleanze, si impone la Riforma, i Lanzichenecchi saccheggiano Roma. Un quadro generale che il libro non dimentica.

Da qualunque Paese andasse, Inghilterra, Fiandre, Francia, Italia, Fernando spediva a Valladolid centinaia di libri e stampe, di queste ne acqiutò 3240, la maggior raccolta al mondo. A Venezia conobbe Marin Sanuto, un collezionista e cronista che aveva compilato 58 volumi di atti ufficiali della Serenissima e di dialoghi ufficiosi che si facevano intorno al Ducale. La più grande perdita per Fernando fu proprio quella dei libri acquistati a Venezia a causa del naufragio della nave che li trasportava, erano 1137 libri. Ma non a questo naufragio si riferisce il titolo di Wilson-Lee: il naufragio fu quello del progetto e insieme di ciò che accadde alla morte di Fernando.

Le migliaia di libri raccolti posero subito a Fernando il problema della catalogazione: per autore? e la massa degli anonimi? Per titolo: e tutti i libretti dal titolo accattivante, ma con un contenuto diverso, tanto per essere venduti? Come conoscere se un libro era manoscritto, aveva l’indice e quali altre caratteristiche fisiche? Fernando fece vari tentativi: un dizionario, lunghissime liste.

Nel 1516 fu pubblicato Utopia di Thomas More, Fernando cercò un linguaggio utopico: i biblioglifici che in un piccolo disegno geometrico, potevano dare molte informazioni sulle caratteristiche fisiche del libro. Altrettanto era però necessario saperne il contenuto. Costruì quindi il libro delle epitomi: decine di studiosi riducevano a 7-8 righe il contenuto del libro. Per Platone ci vollero 30 pagine, il che comunque ha del miracoloso.

Nel frattempo Fernando aveva costruito un grande edificio a Siviglia per contenere la sua biblioteca: 15.000 libri. L’invenzione della stampa, le polemiche di parte, avevano moltiplicato i titoli, orientarsi era sempre più difficile.

Questo sciame di nuovi libri, diceva Erasmo furibondo: Se anche qualcuno pubblicasse qualcosa degna di essere conosciuta, proprio l’enorme massa di libri ostacolerebbe fortemente gli studi. E Montaigne scrive che, mentre cercava un libro nella sua grande biblioteca, finiva per dimenticarne il titolo. Fernando non finì mai il libro delle epitomi. Anche il suo testamento fece scalpore: non lasciava l’eredità a una persona, ma a una biblioteca, il suo lavoro doveva continuare. Lì si sarebbe raccolta la sapienza del mondo.

La Colombina di Siviglia

La Colombina di Siviglia

In quei decenni, mentre sempre più in profondità si conosceva l’America che prendeva il nome di Amerigo Vespucci, gli spagnoli, invidiosi della scoperta di Cristoforo, homo novus, cercarono di attribuirla ad altri, ricorrendo anche all’accusa di eresia. Senza successo, perché ogni calunnia fu annullata dal materiale raccolto da Fernando, che scrisse anche una biografia del padre Vida del Almirante don Cristobal Colon. Poi arrivò la Controriforma spagnola che distrusse tutto quanto poteva sembrare eretico, per esempio tutto Erasmo, oltre ai testi luterani, arabi e buona parte delle stampe. Ma Fernando era morto e non vide l’annientamento della sua vita.

Ora di quella grande biblioteca restano circa 5.000 titoli, sono La Colombina che si trova attigua al duomo di Siviglia.

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