Le Viaggiatrici del Grand Tour. Nostra intervista all’autrice Simonetta Neri

aprile 28, 2021 in Interviste da Viola Allegri

Copertina simonetta neriEra il 3 settembre del 1784 e fu scandalo a Londra: vedova da solo un anno, Hester Thrale, già moglie di un ricco industriale e con quattro figlie, Lady nel cui salotto si incontravano intellettuali come Samuel Johnson, si era sposata con il cantante italiano Gabriele Piozzi. Lei scrive nel suo Diario: “Domani parto per il più bel paese del mondo in compagnia del miglior uomo che vi sia nato”.

La tradizione maschile inglese era offesa: Lui le spenderà tutto, sdilinqua le signore col bel canto, e così via. Fu una splendida luna di miele: la carrozza era attrezzata per contenere sotto il sedile il clavicembalo di Gabriele. Lei scrive nel suo Giornale di viaggio, di aver comprato un cappello a Napoli, la camicetta a Venezia, le scarpe a Padova, le calze a Brescia, la sottana a Milano, trine e merletti a Genova e il resto a Roma. E’ felice.

Abbiamo intervistato l’autrice del libro, scritto con Attilio Brilli, Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure, il Mulino 2020.

 

Lei ha raccontato la storia di 32 donne, soprattutto inglesi, perchè?

In Inghilterra le donne furono le prime a viaggiare un po’ per esplorazioni mercantili e coloniali del Paese, ma si trovarono comunque ad affrontare i pregiudizi sociali che non concedevano loro la possibilità di viaggiare, di sottrarsi al controllo maschile imperante in ogni campo, di eludere il vincolo dell’obbedienza e di sottrarsi al ruolo loro imposto nella vita familiare e in quella sociale. La loro istruzione doveva realizzarsi tra le mura domestiche ed era limitata soprattutto all’acquisizione di conoscenze relative alla buona tenuta della casa e alla condizione di moglie e madre. C’era anche il pericolo che diventassero meno femminili. Ma nel Settecento, sole o con protezione maschile, iniziarono a varcare i confini della Gran Bretagna e a raggiungere i lontani paesi dell’Impero britannico o del Continente Europeo.

Il Grand Tour in Europa era un’esperienze particolare, essenziale per la formazione culturale dei giovani aristocratici o alto borghesi. Childe Harold’s Pilgrimage di George Byron è uno degli ultimi esempi di grande popolarità in cui si illustra in sintesi questo percorso culturale lungo la penisola.

 

Cosa le muoveva a un’avventura per cui occorreva coraggio, in patria come all’estero?

Lady Montagu

Lady Montagu

Queste prime viaggiatrici erano spinte dalla curiosità, da scopi culturali o al seguito dei coniugi impegnati in missioni governative. Come non ricordare Lady Mary Wortley Montagu che decise di accompagnare a Costantinopoli il marito, primo ambasciatore presso il governo ottomano, o Mary Ann Parker che addirittura raggiunse l’Australia? Queste “Signore” superarono agevolmente disagi, pericoli e pregiudizi e lasciarono tracce delle esperienze vissute soprattutto in scritti a carattere familiare o lettere o diari dove raccontarono terre e costumi poco noti, esprimendo compiutamente la loro personalità. Quando la donna prese coscienza della propria identità con la nascita della sensibilità preromantica e con l’affermarsi dei movimenti femministi, il viaggio divenne un’affermazione personale densa di significati.

Mary Wollstonecraft, fondatrice del femminismo liberale britannico, nel suo testo A Vindication of the Rights of Women, del 1792, scrive:” E’ tempo di compiere una rivoluzione nei modi di esistere delle donne, è tempo di restituire loro la dignità perduta”. Il “sentiero era tracciato”, come dice Lady Mary Montagu, e da allora le donne diventano le nuove protagoniste del Grand Tour.

Mary Wollstonecraft

Mary Wollstonecraft

 

Le donne lottano quindi per la parità dei diritti?

Compiendo il fatidico giro dei paesi europei, le donne inglesi esprimono, prima di tante altre, non solo il desiderio di libertà e di autonomia individuale, ma sentono l’esigenza di superare i limiti dell’orgogliosa insularità britannica. Nello stesso tempo, sentono l’esigenza di fare la conoscenza dei paesi del continente, così diversi dalla loro terra. Il Grand Tour permette loro di essere in contatto con le vestigia del passato e di conoscere costumi e tradizioni di luoghi assai diversi, compresi quelli di religione cattolica, e infine di vivere liberamente il proprio tempo. Teniamo presente che il Grand Tour è l’invenzione di una donna, Elisabetta I, che spinse i giovani a guardare oltre Dover. Anche donne intellettuali di altri stati, dalla Francia alla Germania e all’Austria, hanno partecipato a questo ininterrotto flusso intellettuale, attratte in particolare dall’Italia. Erede dell’antica Roma, l’Italia era un museo all’aperto dove, accanto alle magnifiche opere d’arte, al clima mite, ai paesaggi pittoreschi, al fervore di movimenti patriottici, si poteva godere del calore di gente dotata di creatività artistica, musicale e insuperabile empatia. Molte viaggiatrici come la principessa Dora D’Istria, Germaine de Stael, George Sand, Elisabeth Vigée le Brun, ci hanno lasciato, al pari delle consorelle britanniche, scritti appassionanti che raccontano anche eventi storici di grande drammaticità ai quali hanno assistito nel corso dei loro viaggi.

 

Perché nei loro scritti si percepisce una sensibilità diversa da quella maschile?

Nelle esperienze di viaggio, lo sguardo della donna appare meno selettivo e meno condizionato da pregiudizi e da luoghi comuni rispetto a quello dell’uomo. Le viaggiatrici narrano i loro viaggi quali affascinanti storie di vita e di agognata conquista culturale e sociale. Non c’è alcuna ipocrisia nel descrivere la situazione politica italiana e nel dare severi giudizi sulla propria patria. E appare particolarmente vivo e ben definito in loro l’interesse per la condizione delle donne in Italia, facendo spesso dell’ironia sul “cavalier servente” e denunciando la pratica di costringere giovani fanciulle alla reclusione dei conventi. Molte viaggiatrici precorrono Manzoni intravedendo in queste giovani delle future “monache di Monza”!

Anna Jameson

Anna Jameson

Nelle relazioni di viaggio femminili si incontra spesso un sincero interesse per l’esistenza dei più umili e per la ricerca del bello, anche nelle cose più semplici. La creatività femminile, il sapere sempre aggiornato, l’intuizione e il senso pratico appaiono evidenti in tutte le viaggiatrici. Spetta ad Anne Jameson, per esempio, il merito di avere contribuito a riportare alla luce i pittori “primitivi”, da Giotto a Piero della Francesca, mentre siamo debitori a Mariana Starke per l’idealizzazione e la realizzazione delle prime guide turistiche moderne. Che dire infine di Mary Shelley che ha partecipato con passione al Risorgimento sostenendo con grande generosità i movimenti carbonari e rivoluzionari italiani?

 

Andare all’estero richiedeva un grande coraggio…

Si deve riconoscere l’ardire e l’abilità di alcune viaggiatrici nell’attraversare un’Europa sconvolta dalle campagne napoleoniche. Per raggiungere l’Italia si dovevano fare spesso delle deviazioni impreviste e affrontare situazioni pericolose sotto ogni aspetto. Il viaggio richiedeva comunque intraprendenza e sopportazione. Viene in mente un’immagine delle sorelle Barry, instancabili viaggiatrici che, scrivono nei loro diari di viaggio di essere rimaste spesso e per ore sul ciglio della strada in balia delle intemperie, in attesa che fosse aggiustata la carrozza che s’era ribaltata. O Elizabeth Wester che sale sul campanile di una cittadina fiamminga per osservare i colpi di cannone che si scambiano le truppe napoleoniche con quelle austriache e tedesche.

 

di Viola Allegri

 

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