Populismo, ordoliberismo e tecno-fondamentalismo

maggio 21, 2018 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli

Il 10 maggio Carlo Formenti, invitato da Podemos, ha presentato a Madrid il suo ultimo libro La variante populista. Dialogano con lui il segretario del partito Pablo Iglesias, Sofìa Castanon (secretaria del feminismo internacional), Manolo Monereo (deputato Podemos di Cordoba), Eugenia Rodriguez (prof. di filosofia del diritto a Madrid).

incantati-dalla-reteUn rapporto di amore e odio, un corpo a corpo tra l’uomo e Internet in un contesto mutato in pochi decenni dalla speranza alla tragedia: il neo-liberismo si è accaparrato Internet in un cocktail che si chiama ordoliberismo e tecnofondamentalismo.

Da due decenni l’impegno maggiore di Carlo Formenti, uno studioso marxista, è leggere il futuro della Rete seguendola nelle sue origini e svolte, le illusioni cadute e la soggezione al capitale.

E’ del 2000 il suo primo libro, Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet, Raffaello Cortina 2000. Poi Mercanti di futuro. Utopia e crisi della Net Economy, Einaudi 2002.

Infine Cybersoviet, utopie postdemocratiche e nuovi media, Raffaello Cortina 2008.

In questo libro Carlo Formenti scriveva di aver concluso la sua trilogia su Internet e la Rete.

In realtà sul tema è poi sempre intervenuto fino all’ultima pubblicazione La variante populista. Lotta di classe nel neoliberismo, DeriveApprodi 2016.

Il primo libro Incantati dalla rete affondava “il tentativo di dimostrare che esistono due tipologie di comunità virtuali”: le buone, fatte da associazioni che perseguono finalità sociali e si danno regole democratiche; le cattive che hanno finalità ludiche e chiacchiere virtuali.

Formenti denunciava non solo la grande maggioranza delle “cattive” rispetto alle “buone”, ma nella fuga dalle relazioni “faccia a faccia” a favore della comunicazione online, un terreno sfruttato dal capitalismo nascosto dietro la maschera della gratuità e della leggerezza. Da varie prospettive analizzava anche i i cambiamenti antropologici e i loro effetti sulle relazioni quotidiane.

Scriveva: Vivere e pensare il nostro tempo significa certamente vivere e pensare dentro e con la rete, ma soprattutto come: viverlo con ironica consapevolezza e distacco critico non è come lasciarsi abbagliare dai suoi incantesimi.

Net Economy, scritto durante la crisi di quell’utopia, ipotizzava la costituzione di un “Quinto Stato”, cioè di un “blocco sociale” fondato sulla convergenza di valori culturali e interessi economici di coloro che avevano guidato la rivoluzione digitale e l’imprenditoria di Internet.

Al contrario trionfò la commercializzazione /normalizzazione di un Internet pilotato dall’alleanza tra governi e corporation sempre più potenti, uniti nel distruggere la democrazia partecipativa, nel controllare e nel vendere chi si fida di loro. Ordoliberismo e tecno-fondamentalismo.

Cybersoviet è il titolo più provocatorio immaginabile nel mondo ordoliberista. S’incardina in una domanda: è ancora possibile un’identità di classe?

In 280 pagine Formenti esplora quanto la Rete ha cambiato la società. La trasformazione dei movimenti di classe in movimenti di genere: femminismo, localismo, ambientalismo, pacifismo. Movimenti che vogliono controllare il potere, ma non prenderlo. Richiama gli scritti di Luciano Gallino: La guerra di classe dall’alto contro il basso è l’irresistibile ascesa della stupidità al potere.

L’ultimo libro La variante populista. Lotta di classe nel neoliberismo, Comunità concrete 2016 sembra l’ultima ciambella di salvataggio nell’uragano. Mentre la sinistra si suicida incantata dalla cultura NERD, l’ordoliberismo plasma l’uomo nuovo: quest’uomo deve percepirsi come un’azienda da valorizzare, governare, dedicare all’attività professionale di cui è un prolungamento. Gli Stati, dipendenti dalla finanza, dal rating, dagli algoritmi (i governi sono il comitato d’affari della borghesia, diceva Lenin) privatizzano i servizi sociali, tagliano i salari e creano l’homo precarius, lo schiavo del “libero mercato”.

L’intelligenza artificiale produrrà disoccupazione e ci metterà in competizione con i robot. A me ricorda Darwin: sopravvivono i più adatti.

Sappiamo qualcosa di Amazon, come sappiamo di Uber che succhia soldi da beni immobiliari (per esempio le automobili) che non le appartengono, mentre i suoi autisti dormono nei parcheggi, pronti alla chiamata. Così i social network vendono le informazioni che l’iscritto dà di sé, cioè qualcosa che non appartiene loro.

Sappiamo del controllo sui lavoratori in ogni loro spostamento per ottenere un servizio alienato e servile, presentato come tempestivo, sicuro e a basso costo. Uno sviluppo che cammina sul cadavere del lavoratore e del commerciante. E’ la ripresa economica.

Contro questo sviluppo Formenti tesse l’elogio dell’arretratezza e riprende il pensiero di Rosa Luxemburg: non inseguire il capitalismo sul suo terreno, mai smettere di combatterlo.

Per esempio, è necessario coltivare relazioni sociali e dirette come alternativa a quelle virtuali, parlarsi per reagire alla polverizzazione individuale. Appare qui la variante populista: tante domande sociali inevase che si uniscono, l’opposizione tra un Noi che raggruppa la quasi totalità del corpo sociale e un Loro che è un’infima minoranza.

Secondo Formenti, la coppia destra/sinistra è assorbita da quella élite/popolo. Il populismo è rimasto il solo nemico di una casta che cura i propri interessi oligarchici. Formenti cita come esempio le lotte in Val di Susa, Occupy Wall Street, gli Indignados in Spagna.

Finalmente trovo un intellettuale che apprezza “il populismo”, l’unico capace di far emergere problemi concreti, anche se spesso propone soluzioni semplicistiche.

Ricordo uno scritto di Pompeo Molmenti, il grande intellettuale veneto-gardesano della seconda metà dell’Ottocento, Elogio del contrabbando: un modo di calmierare i prezzi, di superare dogane e arroganze. Potrebbe leggerlo Trump, ma non capirlo.

Chi comanda accusa l’opposizione di populismo, forse perchè erano populisti i grandi rivoluzionari, da Lenin a Che Guevara.

Io credo che il massimo populismo lo producano le televisioni, le pubblicità e le evasioni (col valore aggiunto della criminalità) dei social network, tutti elementi che servono a controllare e vendere l’uomo come una merce, come un prosciutto nella plastica, e servono a convincerlo che non c’è altro da fare, che l’olio di ricino può fargli solo bene. Quando lo schiavo pensa: “fin qui sì, ma ora basta”, per citare Albert Camus, arrivano ad annientarlo politica ed economia, miseria e guerra, gli shock di cui scrive da anni Naomi Klein che fa anche notare come le ultime generazioni non conoscono l’utopia di un mondo diverso.

Scrive Formenti che sulla proposta del populismo il dialogo deve crescere: le spinte che lo muovono sono mancanza e sofferenza, spinte che però agiscono solo attraverso aggregazione e strategie. Non dimentico d’aver visto alla periferia di Londra gruppi di poveri, ciascuno per se stesso, saccheggiare negozietti di altri un po’ meno poveri, invece di attaccare i centri che producono la miseria.

Ha ragione Formenti quando scrive che la nostra azione deve mirare non solo all’eguaglianza sociale, ma anche ai diritti del cittadino a mantenere la propria umanità e restare umano. Espressione splendida di Patricia Wallace in La psicologia di Internet, Raffaello Cortina 2017. Wallace, favorevole a Internet, lancia però un richiamo: potrebbe anche implodere. Ma del suo libro, la prossima volta.

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