The home

febbraio 14, 2015 in Approfondimenti da Gloria Berardi

home1Arundhathi Subramaniam, considerata fra le migliori poetesse indiane contemporanee, ha scritto una poesia intitolata “Home”:

Dammi una casa che non sia mia, dove possa entrare e uscire dalle stanze senza lasciar traccia, senza mai preoccuparmi dell’idraulico, del colore delle tende, della cacofonia dei libri vicino al letto. Una casa leggera da indossare, in cui le stanze non siano intasate delle conversazioni di ieri, dove l’ego non si gonfia a riempire gli interstizi. Una casa come questo corpo, così aliena quando provo a farne parte, così ospitale quando decido che sono solo in visita.
 

Gli inglesi fanno distinzione tra la parola “casa” intesa come edificio (house) e la casa intesa come famiglia/abitazione (home).

In una casa si percepisce chi vi dimora. Il bozzolo dichiara la vera essenza degli ospiti: abitatori occasionali o costanti, ricchi o poveri, giovani o vecchi, donne o uomini.

La casa può essere un luogo sicuro o una gabbia infernale, tranquillizzante giaciglio per fuggire dal mondo rapace o gabbia per chi non sa affrontare le paure e angosce del fuori.

La simbologia della casa è eclettica e offre infinite letture, interpretazioni, osservazioni, proprio perché fa riferimento alla soggettività, alla parte cognitiva e affettiva, all’insieme dei ricordi, dei vissuti e delle esperienze dell’essere umano.

Tramite costruzioni immaginative, verbali, rappresentazioni grafiche o virtuali e nei momenti in cui si esprime la proiezione di una idea, la casa della fantasia o dei sogni fornisce molte informazioni sull’individuo. Può rappresentare un quadro preciso della sua personalità intesa globalmente, o in quell’ istante e in quel luogo, oppure ancora può prefigurare una prospettiva nel tempo futuro.

Entrando in una casa siamo, come primo impatto, colpiti dall’aspetto e percepiamo l’energia della quale si è caricata. I momenti felici diffondono energia gioiosa, mentre quelli drammatici imprimono energia oppressiva.  I muri, gli oggetti, i mobili sono in grado di registrare e conservare i buoni ed i cattivi ricordi.

La maniera di essere nel mondo è connessa con il modo in cui si tratta e si vive la propria casa.

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La casa in ordine: per molte persone è un obbligo a cui si deve assolutamente obbedire. Questo perfezionismo domestico porta a proiettare sulla propria casa un’ansia da iper-controllo di se stessi, per cui tutto deve essere super-pulito e super-ordinato.

Il problema di non poter accogliere senza avvertimento qualcuno nel proprio alloggio, di sentire come una preoccupazione l’avere un ospite in casa, anche per pochi minuti, altera quell’ordine minuziosamente creato.  Analoga difficoltà si può manifestare nei rapporti umani, anche in occasione di un cambio imprevisto di programma o nell’essere indisponibili all’ascolto.

La casa-museo blocca l’abitante in una forma rigida e vecchia, incapace di accogliere tutto quanto accade oggi e domani, mentre una casa disordinata è in attinenza ad un orientamento dell’esistenza spesso inconcludente.

In inglese il termine ”clutter”, indica tutti quegli ingombri e quelle cose che si conservano irrazionalmente, che non occupano soltanto il nido, ma anche la vita e raffigurano lo stato d’animo disorientato o abbandonato di chi vi abita.

La casa non deve limitare la “quantità e qualità di vita vivibile”, come chiedere o non chiedere, chiamare o non chiamare visitatori, né deve portare all’incapacità di prendere delle decisioni e di assumersi chiare responsabilità, nonché accettare la disponibilità ad ogni tipo di compromesso.

Come vengono lasciati gli oggetti sparsi per casa, così si tende ad abbandonare le situazioni in sospeso, rinviando le decisioni o non cercando soluzioni, un atteggiamento volto ad evitare di guardarsi dentro e riconoscere i propri evidenti limiti.

Una persona più “morbida” con la propria casa, “perdona” un po’ di disordine non considerandolo una difficoltà nel rapporto verso gli altri, ma anzi un’espressione di vivace energia, che trova forma e spazio in aspetti autentici e creativi, rendendo la “tanamolto ospitale.

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Essa deve essere un luogo in cui “avvengono le cose”, un centro pieno di vita, per momenti di ritrovo e convivio. Non contrastare né bloccare i gusti personali, consente di creare una casa che ci soddisfa e sia adatta ai bisogni nostri e di coloro che condividono quello stesso spazio. Non dovrebbe essere uno sforzo cambiare mentalità, accomodando le cose innanzitutto come ci piacciono davvero, non come “devono essere”.

Noi viaggiatori nella vita sentiamo bisogno di una “home” che deve essere in relazione con la nostra anima e non con le nostre o altrui convinzioni.

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