Alessandrina nel Cilento in rivolta

maggio 6, 2025 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli

Alessandrina-copertina

Il grande storico Eric Hobsbawm ha definito il Novecento come “il secolo breve”. Per quanto possano valere le periodizzazioni, il secolo precedente, l’Ottocento fu un secolo di novità, trasformazioni e sconvolgimenti da poter definirsi uno dei secoli più inquieti della storia europea. Leggendolo a volo d’uccello, esso inizia con la Rivoluzione francese nel 1789, certo propiziata dall’Illuminismo (l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità imputabile a lui stesso, Kant), e si conclude nel 1913 con la Prima guerra mondiale. Politicamente, dopo la rivoluzione, vide Napoleone, la Restaurazione, la lotta dei popoli per la libertà sfociata nelle guerre del 1848 (ancora si dice: fare un quarantotto), la furia della politica di potenza, il colonialismo, la formazione degli Stati Uniti, lo schiavismo. 

Nacque un’epoca nuova: la lotta tra conservatorismo e liberalismo, nuovi codici amministrativi e penali, la nascita della borghesia e la trasformazione del mondo contadino. Nell’arte si affermarono il romanticismo, seguito dal positivismo. In pittura: David, Delacroix, Goya, l’impressionismo di Monet, Manet, Turner, poi van Gogh, Munch, il cubismo. La musica di Mozart, Bach, Beethoven, Chopin, Debussy, Verdi. La letteratura con Goethe, Stendhal, Foscolo, Leopardi, Manzoni. In economia i classici Malthus, Smith, Marx, Ricardo. La filosofia si rinnovò con Hegel, Marx, il positivismo, Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche. Vi furono determinanti scoperte scientifiche: Darwin con l’evoluzione delle specie, in medicina l’identificazione di batteri e virus, i vaccini contro vaiolo e colera, la psicoanalisi. Imponente la rivoluzione industriale nel centro e nord Europa. 

Un insieme che da fine Settecento si estende al primo Novecento, l’Ottocento è “il secolo lungo”.

Formidabile l’ingresso delle donne nel cuore della storia: Georges Sand, Madame de Stael, Eleonora Fonseca Pimentel, la nascita del femminismo con Mary Wollstonecraft, le suffragette. Donne famose, ma il grande albero della rivolta è piantato sempre nel terreno e nel sacrificio di tante donne poco note eppure eroiche, come era stato già nella presa della Bastiglia. 

Tra le molte rivolte dell’Italia contro l’Austria, emerge ora, grazie al lavoro di ricerca di Mariella Marchetti, Alessandrina, bella e indomita eroina tragica del Cilento, prefazione di Luisa Cavaliere, ed. Galzerano. 

Serafina Apicella Gallotti torturata a Salerno

Serafina Apicella Gallotti torturata a Salerno

Alessandrina Tambasco fu protagonista dei moti per la libertà del Cilento nel 1828 contro Francesco I di Borbone, re delle Due Sicilie. Una rivolta non certo minore, che si trova nei manuali di storia delle scuole superiori. In uno di questi così scrivono gli storici Della Peruta, Capra e Chittoli: Particolarmente feroce fu il soffocamento del tentativo insurrezionale scoppiato nel giugno 1828 nel Cilento (…) che aveva raggiunto un’ampiezza di massa. Grazie all’appoggio di una parte delle poverissime popolazioni rurali che già nel 1820 avevano tentato l’occupazione delle terre demaniali. Gli insorti, impadronitisi del comune di Bosco e dei paesi limitrofi proclamarono la Costituzione di Francia sperando in una ripetizione delle rivolte di Palermo e Napoli nel 1820. I rivoltosi riuscirono anche ad occupare il forte di Palinuro. La repressione fu immediata e durissima, il paese di Bosco fu raso al suolo, 26 insorti furono decapitati e le loro teste infilate su pali. Uno di questi fu Vito, fratello di Alessandrina. 

Nata Montano Antilia nel 1791, probabilmente istruita, cominciò la sua rivolta alla maniera femminile, cucendo con la madre le coccarde bianche simbolo dei Filadelfi, una società segreta cilentana che chiedeva la Costituzione di tipo francese, su cui re Francesco aveva prima giurato, e poi tolta con un tradimento, obbedendo ai sovrani della Santa Alleanza. 

L’attività della famiglia Tambasco non sfuggì alla polizia borbonica. Il marito di Alessandrina fu condannato a dieci anni di reclusione e morì di stenti in carcere, la madre fu condannata a sei anni, le due sorelle imprigionate per alcuni mesi. 

Alessandrina, la più esposta, anche perché ospitava dei ricercati (e qui vi è necessariamente un vuoto sulla sua attività) fu condannata a dieci anni di carcere duro prima a Salerno, poi nelle segrete sotterranee di Ponza. La loro casa fu saccheggiata, lei uscì dal carcere con una gamba atrofizzata, claudicante, su una stampella. Non abbandonò i suoi ideali, aspettò l’arrivo di Garibaldi e morì nel 1879 nella sua casa di Montano Antilia dopo aver visto compiersi l’unità d’Italia. A lei sono dedicati una decina di siti internet che mostrano come il suo ricordo sia rimasto vivo. Di lei hanno scritto anche giornali nazionali: “Il Mattino”, “Il Fatto Quotidiano”, “Il Manifesto”. La rivolta del Cilento riprese poi nel 1848-49, su cui vertono altre ricerche di Giuseppe Galzerano.

di Mario Baldoli

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