Klimt: dall’Austria all’Italia , la rivoluzione continua (2)
aprile 1, 2025 in Arte e mostre da Mario Baldoli

Klimt, Il bacio
Gli incarichi a Gustav Klimt erano costosi. Si ricorda che per l’acquisto di una villa con tutti gli arredi ad Aultaussee, un piccolo comune sull’omonimo lago in Alta Austria, l’acquirente pagò 40.000 corone, il ritratto della figlia gliene costò 35.000, e la Moderne Galerie acquistò Il bacio per 25.000 corone. All’epoca un maestro elementare guadagnava 1200 corone all’anno. I committenti di Klimt erano quindi grandi industriali, banchieri quasi tutti di origine ebraica che miravano ad un prestigio sociale che comprendeva anche la rottura della tradizione. Ma Klimt non ne approfittò, dipingendo un quadro o due all’anno.
Nel 1903 torna a Venezia e raggiunge Ravenna (le città più amate), a Ravenna vede per la prima volta i celebri mosaici che suscitano in lui grandi entusiasmi. Klimt si limita a una cartolina a Emilie: mosaici di inaudito splendore. Esplicito è invece il suo collega e compagno di viaggio Maximilian Lenz nel suo diario: Al chiaro di luna (era l’inizio di dicembre) attraversiamo le pianure intorno al delta del Po. Ravenna, vera meta del viaggio, è raggiunta. Per Klimt è un momento decisivo: i mosaici rutilanti d’oro delle chiese ravennati suscitano in lui un’impressione incredibile e decisiva. Da allora in poi il fasto e una certa rigida opulenza entrano nella sua arte ricca di sensibilità.
È questa la sua seconda rivoluzione pittorica, dopo quella della Secessione, e avviene in Italia. Klimt ammorbidisce le sue linee geometriche in favore di una pittura musiva in cui domina l’oro, studiato fino ad ottenere la tonalità cercata, costellata di una stupefacente proliferazione di motivi ornamentali geometrici, biomorfi, fitomorfi che dilagano sulla superficie del quadro.
Ha scritto il critico Baumer in Gustav Klimt. Donne, Trento 1985: Queste donne erano belle, signorili, eleganti, si sedevano facendosi ritrarre dal maestro nella positura che più donasse loro, si abbigliavano con i vestiti più preziosi e si preparavano prima di recarsi nello studio del pittore (…) ma a questa bellezza delle apparenze, lui ne aggiungeva sempre una interiore rappresentando, grazie alla sua genialità, l’essenziale. Così trasformava la sua decorazione in arte, la superficialità in profondità, la moda in bellezza.
Ai piani alti della gerarchia sociale viennnese c’erano salotti che ripetevano riti tradizionali sia pure con diversa vitalità (si leggano in proposito le prime pagine di Anna Karenina). Il top era quello di Berta Zuckerkandl, artista e giornalista, salotto che un amico definì: un misto frizzante di chiacchere da imperialregia portineria e di dettagli cospirativi che lei mescolava in storie sapide e presentava con il suo charme indiscreto. Lei e i suoi ospiti, a volte politicamente di opinioni contrastanti, si accalcavano su un divano di dieci metri a mescolare il serio e il faceto. Con accenti più erotici erano i salotti di Alma Mahler-Werfel e della danzatrice Grete Wiesenthal. Karl Kraus, sempre bastian contrario, definiva Berta “levatrice” di giovani smidollati.

Berta Zuckerkandl
Di quei ritratti scrisse il critico Franz Mola: Non esistono due composizioni uguali in tutta la sua produzione di ritrattista. Con l’aiuto di un gran numero di studi a matita, Klimt sperimenta la posa della modella fino ad arrivare a quella che gli sembra perfetta. Per frequenza e durata, le sessioni di posa necessarie richiedevano una buona dose di pazienza da parte delle signore. I ritratti di Klimt sono simili a gioielli che a un raffinato virtuosismo formale uniscono una sottile caratterizzazione psicologica.
E il critico d’arte Franz Servaes: Non vi è raffigurata semplicemente una persona, ma l’ebbrezza e il fascino di un’intera città che brilla come un gioiello in quelle sembianze femminili deliziandoci con il suo volo di farfalla.
Sul Garda avvenne la sua terza rivoluzione pittorica. Una vacanza di cinque settimane, dal 25 luglio all’11 settembre 1913. In quei giorni dipinse molto, ma i tre quadri Malcesine sul lago, La chiesa di Cassone e Paesaggio di un giardino italiano restano la testimonianza più alta.
Il paesaggio diventa un “altrove” nel quale nessuno può entrare.

Klimt – Malcesine sul Garda
L’anno seguente scoppia la Grande guerra. I quadri di Klimt, che muore nel 1918, vengono a far parte della collezione di Victor Zuckerlarand e venduti all’asta quando questi si trasferisce a Berlino. Essi furono acquistati dal ricco collezionista ebreo August Lederer Tra questi quadri ci sono Malcesine sul Garda e La chiesa di Cassone. Nel 1928 alla sua morte, gli eredi vendettero all’asta 223 oggetti, mentre i quadri di Klimt furono divisi tra loro. Dopo altri scambi, il quadro Chiesa a Cassone diventa proprietà di Amalie Redlich che cerca inutilmente di sottrarlo ai nazisti. L’ebrea Berta Zuckerkland, amica e protettrice di Klimt, mette all’asta la propria collezione di porcellane “vecchia Vienna” e dà mandato ad un parente “ariano” di vendere i beni immobili, compresa la casa che viene immediatamente saccheggiata.
L’8 maggio 1945, fine della guerra mondiale, è una data decisiva nelle vicende di alcune opere di Klimt. Scrive Adelheid Freudenthal, moglie del proprietario del Castello di Immerdof che il giorno prima aveva dovuto lasciare per ordine della Wehrmacht.: l’intero castello fu distrutto da SS tedesche senza alcuna necessità con cariche esplosive e micce messe a tempo e tutti i quadri furono distrutti. Rimangono ora in piedi solo i muri esterni e i muri di cinta gravemente danneggiati. Nessuna stanza è abitabile.
Un’indagine della Sovrintendenza austriaca si limitò a registrare che nel Castello era accantonata una “unità delle SS che si diede alle orge per tutta la notte”. Si trattava del commando di artificieri che lo stesso giorno aveva fatto saltare i ponti del circondario per cui si può pensare che l’incendio del Castello sia stato preparato da questa unità e che l’esplosione sia avvenuta due giorni dopo con micce a tempo. Fu così distrutto il quadro di Klimt, Malcesine sul Garda, a meno che non si trovasse nel Castello. Ma di quel quadro era stata fatta una copia, e quella ci è rimasta. (continua)