Quando Klimt adottò l’Italia (1)
marzo 23, 2025 in Arte e mostre da Mario Baldoli

Chiesa di Cassone
Nel 1913, in piedi su una terrazza di Villa Gruber in Val di Sogno, ospite della famiglia Zuckerkandl, un suo ricco e appassionato collezionista, Klimt punta un canocchiale a dieci ingrandimenti, una tecnica a cui si è avvicinato da poco, e dipinge tre quadri che entrano nella storia del lago di Garda Malcesine sul Garda e Chiesa di Cassone, la prima puntando il canocchiale a nord, la seconda a sud. Un giorno, sovrapponendovi un mirino di cartone coglie, forse da Tremosine dove un una targa lo ricorda, la riva opposta e dipinge Giardino italiano, un’esplosione di colori e felicità naturale. La siepe di oleandro rosa conferisce un’autonoma vita alla casetta di pietra che spunta in alto a destra.
Lo stile dei tre quadri è l’estremo risultato della sua poetica: la totale eliminazione dell’illusione dello spazio, la scelta del bidimensionale.
Ne esce un’immagine senza profondità, priva di orientamento spaziale, un mondo che è splendido, ma incomprensibile e inaccessibile, immerso in se stesso, senza uomini, animali, mutamenti del tempo, luci e ombre, il lago una striscia d’acqua ondulata. Le dimensioni del quadro, come ha scelto da tempo, sono un quadrato di cm 110 per 110.
L’impressione è di una realtà ferma dove l’uomo non può entrare.
È il 1913, chi può entrare sereno nell’orrore di quella guerra?

Acqua in movimento , 1898
Klimt muore nel 1918 senza vedere quanto avviene vent’anni dopo, la distruzione di molti suoi quadri considerati arte degenerata, senza sapere quello che Keynes, dimettendosi dalla commissione inglese che trattava la pace, definì in un libro vero e feroce, Le conseguenze economiche della pace, opera che lo fece rientrare nel circolo di Bloomsbury da cui era allontanato per i suoi impegni istituzionali.
Nel 1913 Klimt ha 51 anni e una carriera formidabile alle spalle: ha esordito come decoratore, partecipato all’Esposizione internazionale d’arte di Venezia con i quadri Signora in poltrona e Acqua in movimento, ricevuto dall’Università di Vienna l’incarico di tre grandi quadri La Filosofia e La Medicina (1901) e La Giurisprudenza (1903). Già i primi due quadri avevano suscitato una violenta indignazione: da essi non emergevano né progresso positivistico né classicismo accademico, ma corpi nudi e torti che esprimevano l’inconscio tormento di un’epoca al tramonto. Le sue opere furono rifiutate.
Quei professoroni non si erano accorti che qualche anno prima, nel 1897, Klimt aveva fondato con 19 artisti quella che fu chiamata la Secessione Viennese.

Vienna, Palazzo della Secessione
L’anno seguente Joseph Olbrig ne aveva costruito il palazzo, una novità nella monumentale architettura della capitale: un edificio sormontato da una cupola traforata a racemi vegetali d’oro, con inscritta la sua poetica: Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà.
Obiettivo del gruppo era connettere arte figurativa, architettura, arredamento, design, ceramiche, ogni tipo di artigianato, tra cui prevalevano i vetri cangianti di Murano.
Erano in Europa tempi di rinnovamento: Arts and Kraft in Inghilterra, Art Nouveau in Francia, Jugendstil in Svizzera e Germania, Liberty in Italia.
Ma la Secessione era altro: un’arte che scandagliava l’intimo della vita, i tumulti dell’inconscio, ed esprimeva un erotismo esplicito che l’individuo non sapeva controllare. Era il tempo nuovo, paragonabile, per la sua originalità e ricchezza, al nostro Rinascimento. Passando a volo d’uccello: Freud, Nietzsche, Kafka, i fratelli Mann, Rilke, Ibsen, Proust, Lawrence, Kraus, Schnitzler, Wittgenstein, Bergson, Matisse, Cezanne, Munch, Schiele, Marie e Pierre Curie, Kraepelin, l’evoluzione della medicina con la scoperta dei microorganismi più pericolosi, ma anche delle cure naturali; i fisici Einstein, Bohr, Heisenberg, i musicisti Debussy, coetaneo di Klimt, R. Strauss, Mahler, Wagner e Schonberg, l’invenzione del fonografo e il film dei fratelli Lumière, trascurando il contributo di russi, inglesi, francesi e italiani, alcuni dei quali, come Casorati, furono influenzati dall’arte di Klimt. E ancora sorvolando sulla rivoluzione industriale, chimica, clinica.
Nel 1902 la Secessione aveva già fatto 16 mostre e Klimt aveva reagito alla bocciatura dell’Università di Vienna con un murale di 34 metri di lunghezza e due di altezza Il fregio di Beethoven che volgeva in pittura la IX Sinfonia.
La Secessione trasformava le tradizionali linee curve in percorsi fluidi, apriva alle forme geometriche, in contrasto con lo Jugendstil. L’allestimento era nuovo: spazi cubici, muri bianchi da cui l’opera doveva sola emergere. Si era alle soglie dell’espressionismo.
Il critico d’arte Ludwig Hevesi scrisse: Ero tornato dalla Sicilia da appena quattro giorni e avevo in corpo l’ebbrezza dei mosaici. Il fondo oro del vecchio mondo medioevale, lo scintillio, il vago bagliore e su tutto il sorriso velato della rosa mistica. Me ne ricordai improvvisamente quando mi trovai davanti al quadro di Klimt.
Proprio nel Fregio, Klimt usò per la prima volta la foglia d’oro. Un’analisi minuziosa della tecnica usata da Klimt in alcune sue opere è descritta da Franz Smola in Klimt, la Secessione e l’Italia (la fonte principale di questo articolo): l’utilizzo di lamine di platino invece che d’argento, affinché non si ossidassero, la copertura delle parti metalliche con una velatura colorata per dare l’effetto bronzo, a volte velature ad olio per ridurre la brillantezza.

Fregio di Beethoven – Vienna Palazzo della Secessione
Il Paese che Klimt più amò, a parte l’Austria, era l’Italia. È incerto quante volte ci venne, almeno otto volte. In Italia compose le sue uniche opere fuori dall’Austria, e l’Italia fu la prima a capire la sua pittura, come testimoniano i continui inviti alle Biennali di Venezia e alle gallerie di Roma, l’acquisto dello Stato e di privati delle sue opere.
Il primo viaggio fu nel 1890. Arriva a Trieste allora austriaca, visita San Giusto e rimane abbagliato dagli antichi mosaici; qualche giorno dopo col fratello è a Venezia da cui scrive: tutta Venezia ci tende la mano e le nostre lire svaniscono in modo impressionante, facciamo una vita di bagordi. È probabile che vi abbia l’ispirazione per Fanciulle con l’oleandro, dipinto tra il 1890-1892. Sono gli anni in cui semina figli con le abituali modelle e qualche signora. Da allora datano i ritratti di molte ricche viennesi, avendo tuttavia vicino per tutta la vita la stilista Emilie Floge.
Secondo un catalogo del 1967, Klimt dipinse circa 230 quadri, alcuni persi durante la II guerra mondiale. Un terzo sono ritratti di signore dell’alta borghesia viennese, il resto paesaggi e soggetti allegorici. Restano altri disegni e quadri in cui si esprimeva spontaneamente (continua).