Terra e cielo uniti da Orione, e un pianetino bresciano
luglio 5, 2025 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna.
È l’incanto di Leopardi ne La sera del dì di festa
L’incanto rivela che non siamo soli, ma siamo effimeri, calati in un universo eterno nello spazio e nel tempo. Non sappiamo chi per primo alzò gli occhi verso il cielo, ma 17.000 anni fa nella sala dei Tori nelle grotte di Lascaux in Dordogna, degli uomini incisero sei punti vicini, forse stelle (la settima era allora poco visibile). Sono le Pleiadi. Vicine e tra loro in cerchio, furono poi chiamate “le sette sorelle”.

Lascaux, dipinti rupestri: i punti incisi al di sopra del bisonte potrebbero essere le Pleiadi
Scrive il poeta arabo Ibn Hamdis nell’XI secolo: Vedo le Pleiadi che sorgono e sembrano un filo di sette Perle di cui hai fatto una collana. Giulio Guidorizzi in I miti delle stelle, ed. Cortina, racconta il cielo boreale come un organico compatto, secondo il modo di leggerlo degli antichi, facendone scaturire una lunga leggenda, una “Mille e una notte” sospesa nell’universo. Le Pleiadi si collegano ad Orione che sorge a Est nelle prime ore del pomeriggio e intorno alle 20 raggiunge la sua massima altezza a Sud per poi tramontare a Ovest verso le 2 di notte. È la costellazione più potente del cielo invernale, nitida da dicembre a marzo. Per riconoscerla basta individuare tre stelle allineate che rappresentano la sua Cintura. In alto a sinistra troviamo una stella arancione, la bellissima Betelgeuse, la spalla dell’eroe greco, a cui ne seguono altre, meno luminose, che raffigurano il braccio. In alto, sopra la cintura tiene la terribile mazza fatta di tre piccole stelle e due nebulose.
Che le Pleiadi lascino il cielo all’arrivo di Orione non è casuale. Scappano inseguite da quel cacciatore di selvaggia libidine. Lui le inseguiva col proposito di violentarle tutte. Le sette, non proprio illibate, avendo tre giaciuto con Zeus e due con Poseidone (le altre due avevano sposato dei re), ormai raggiunte dal bruto, chiesero aiuto a Zeus che le tramutò in quella corona celeste salvandole.

La danza delle Pleiadi
Orione il cacciatore è accompagnato da quello che può sembrare l’occhio del suo cane Sirio, la stella più brillante che prolunga verso sud ovest la cintura di Orione. Sirio che appare al solstizio d’estate fu per secoli il primo mese dell’anno: portava un caldo feroce in Grecia mentre in Egitto le acque del Nilo cominciavano a crescere. Per i contadini era il momento di affilare la falce. Ne scrive Esiodo in Le opere e i giorni: Sirio brucia la testa e le ginocchia, il corpo è arido per il calore avvampante, le donne sono più focose e gli uomini fiacchi, è il tempo di cercare una roccia sotto cui riposare… Una di esse, Elettra, è citata da Foscolo nei Sepolcri.
Finite in cielo le sette sorelle, Orione, data la sua fama di gran cacciatore fu chiamato dal re di Chio perchè lo sbarazzasse degli animali della sua terra. Orione ne fece un macello, poi violentò la figlia del re, il quale lo ubriacò e lo accecò sulla piaggia (si colga l’analogia col precedente di Odisseo e il Ciclope). Allontanatosi dall’isola, Orione cieco raggiunse Lemno dove regnava Efesto, un dio fabbro e come lui libidinoso tanto che aveva ingiunto a Zeus, in cambio di un favore “chirurgico” decisivo, di sposarlo a Venere Afrodite, la dea più bella e sensuale dell’Olimpo. Un matrimonio poco riuscito. Afrodite lo tradiva, e del marito sappiamo il tentato stupro di Pallade (la Minerva dei Latini) che l’aveva raggiunto in officina per avere delle armi. Travolto dal desiderio, Efesto cercò di afferrarla. Atena fuggì, ma lui la raggiunse e sparse sulle gambe di lei il proprio seme che (niente va perso) ingravidò la Terra, e da quella gravidanza nacque Erittonio, futuro re di Atene. Efesto (il Vulcano dei Latini) si innamorò poi di Orione, l’omaccione venuto dal mare, si amarono al punto che Efesto gli fece riavere la luce degli occhi e Orione riprese le sue cacce selvagge.

Jacques Bellange, Diana sulle spalle di Orione
Correndo nei boschi in cerca di lupi e cinghiali, il bell’Orione incontrò la dea Artemide (la Diana dei Latini), pure lei cacciatrice: la vicinanza e la passione comune, la clava pesante di lui vicina all’arco leggero di lei, fecero innamorare la dea, e lui cercò di violarla. Salvatasi, la vergine Artemide, visto lontano sul mare qualcosa di indefinito, ingannata dal fratello Apollo che odiava Orione, vi scagliò la freccia mortale. Desolata, piangente, consapevole di aver ucciso il suo amore, Artemide trasformò l’amato Orione nella più superba costellazione. Altra versione dice che la presunzione di Orione di uccidere tutti gli animali del globo avesse scosso la dea Terra che lo fece trafiggere da uno scorpione e morire. Per questo Orione scompare dal nostro cielo all’arrivo di Scorpione, il suo uccisore.
Oltre che mitologico, anche scientifico è il libro di Paola Capponi, Le parole dell’astronomia tra scienza e tradizione, ed. Marsilio. Stelle e pianeti visibili nell’emisfero boreale hanno quasi tutti nomi di derivazione greca o latina, quelle che ogni anno vi si aggiungono hanno numeri o nomi diversi. Chi lo decide è l’International Astromical Union. Un pianetino scoperto nel 1993 a Bassano Bresciano, si liberò di numeri e sigle e si chiama ora Italocalvino.
Il libro si addentra poi nella magnitudine, luminosità, allineamento e distanza dei corpi celesti. Sopra di noi, la grande volta diviene mutevole. Con i repertori telematici corredati da fotografie satellitari dettagliate – osserva la studiosa- si arriva a una complessiva perdita nell’osservazione del cielo, delle antiche raffigurazioni e dell’idea stessa di Atlante celeste così come era inteso fino all’Ottocento, uccidendo la fantasia creativa dell’uomo. Affascinata dai nomi del passato nelle varie civiltà, Paola Capponi dedica l’ultimo capitolo alla nomenclatura del mondo contadino nei vari Paesi e nei proverbi usati: Quando vedi i bastoni va alla vigna che l’uva è matura. Oppure I tre re magi, e ancora: Bastone, rastrello, falce, sega.
di Mario Baldoli