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L’orizzonte in fuga. Viaggi e vicende di Agostino Codazzi da Lugo.

marzo 24, 2013 in Approfondimenti da Roberta Basche

Il libro L’orizzonte in fuga, di Giorgio Antei (Leo S. Olschki editore) narra le vicende di Agostino Codazzi, cittadino lughese molto più noto in America latina, in particolare in

Colombia e Venezuela dove trascorse la maggior parte della sua vita, che in Italia, patria di nascita.

C. Fernandez, Ritratto di Agostino Codazzi, 1832

C. Fernandez, Ritratto di Agostino Codazzi, 1832

Agostino Codazzi nacque a Lugo, Legazione di Ferrara, il 12 luglio 1793.

A quei tempi Lugo era una piccola cittadina con una consistente comunità ebraica dedita principalmente all’agricoltura e al commercio della seta. Anche il nonno di Agostino commerciava in seta ma in seguito al sacco di Lugo ad opera delle truppe napoleoniche, la famiglia Codazzi perse l’azienda di famiglia.

Vuoi per il tracollo economico che subì la famiglia vuoi per la curiosità di Agostino di conoscere nuova gente e nuovi paesi, il giovane lughese si arruolò appena diciassettenne nell’esercito del Regno italico e fu ammesso alla scuola teorico pratica di artiglieria di Pavia. Grazie alle nozioni di calcolo, disegno, sistemi di misurazione di rilievi e superficie ricevuti durante tale percorso formativo Agostino Codazzi sviluppò l’attività di geografo e cartografo in America latina.

Il libro di Giorgio Antei si compone di una decina di capitoli (più un undicesimo, la biografia del viaggiatore) che raccontano la vita militare di Codazzi in Europa e la sua attività come esploratore in Nuova Granada e in Venezuela accompagnando il lettore in altri tempi e in altri mondi, trasformandolo da donna o uomo del XXI secolo (comodamente seduto in poltrona) a compagno di viaggio di Agostino, immerso nelle foreste pluviali dell’America latina.

Compagno di peregrinazioni di Codazzi fu Costante Ferrari, suo concittadino. Ma mentre l’amico Ferrari credeva nella vita militare, per Agostino Codazzi l’arruolamento nell’esercito fu un mezzo per guadagnarsi da vivere, per poter viaggiare e soddisfare la propria curiosità.

Come artigliere dell’esercito del Regno italico Agostino Codazzi combatté per Bonaparte nel corso della campagna di Germania; successivamente si arruolò nelle truppe italo britanniche ma in seguito alle delusioni ricevute da queste esperienze si imbarcò per l’America latina.

Rimase tutta la vita in America latina (con una breve parentesi durante la quale rientrò in Italia), costruì una famiglia e la propria carriera di geografo e cartografo disegnando i territori del Venezuela e della Colombia.

Il suo interesse per la geografia non fu mai unicamente descrittivo ma si intrecciò con l’interesse per gli uomini; Codazzi, accanto alle misurazioni, si prodigò per favorire lo sviluppo demografico e agricolo delle popolazioni di quei territori.

Per tutta la vita le sue imprese e i suoi sforzi mirarono al progetto di una società libera, egualitaria e felice.

Durante un’ultima spedizione nelle aree paludose colombiane fu colpito da un’infezione malarica e il 7 febbraio 1859 la Colombia “aveva perduto il suo misuratore”.

america libre

Post scriptum: sfogliare e risfogliare le pagine per godere di un affascinante viaggio attraverso le immagini.

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La guerra di Troika

marzo 16, 2013 in Crisi da Sonia Trovato

sonia mitraliasUna nazione piombata in un drammatico “stato di bisogno” e schiacciata dal “rullo compressore” delle misure d’austerità volute dalla Troika. È questa la Grecia secondo Sonia Mitralias, femminista e fondatrice della Marcia Mondiale delle Donne, in “tour” in Italia per portare la testimonianza delle disumane condizioni dei suoi connazionali. Approdata a Brescia lo scorso fine settimana su invito della rete “Donne nella crisi”, l’attivista, affiancata da un’interprete, ha snocciolato dati che lasciano di stucco anche i più informati.

L’idea di Sonia è che la culla della civiltà occidentale sia diventata oggi un mostruoso laboratorio dove mettere in atto un illegittimo smantellamento del welfare state. L’eurogruppo ha scelto la Grecia perché era più debole, poco industrializzata e perché aveva un governo corrotto (e corruttibile). Il risultato, dopo più di tre anni del trattamento lacrime e sangue in salsa ellenica, è un popolo che non riconosce più se stesso e il proprio Paese. Tre milioni di greci hanno perso la copertura sanitaria e a risentirne sono soprattutto le donne, costrette a pagare per partorire (il listino prezzi va dagli 800 ai 1600 euro). Pesanti tagli all’assistenza dei disabili hanno portato alla riapertura di istituti lager senza energia elettrica e senza personale qualificato. La famiglia nucleare sta cedendo il passo a convivenze forzate tra più generazioni, con il risultato che in quindici affollano appartamenti pensati per quattro o cinque persone massimo. A farne le spese sono ancora una volta le donne, contro le quali sono drammaticamente aumentate le violenze domestiche, fomentate da una coabitazione coatta e innaturale e da una disoccupazione record (quasi al 30%, 68% quella giovanile) che costringe intere famiglie, un tempo operose, a bivaccare in casa. A completare l’agghiacciante quadro è un rapporto dell’Unicef, secondo il quale più di 400 mila bambini risultano denutriti. Non si salvano nemmeno i monumenti nazionali, affittati a rampolli milionari per feste private.

donne-nella-crisi

I movimenti di protesta ci sono – spiega Sonia – ma sono troppo frammentati e non riescono a coordinarsi tra loro. Alba Dorata approfitta del clima d’incertezza e della spaccatura tra le sinistre per macinare consensi. Gli ultimi sondaggi la danno al 12%. Questo perché il partito neonazista che qualche settimana fa ha rilasciato dichiarazioni shock sugli immigrati in Grecia, definendoli “primitivi, subumani e contaminati”, appare ormai a molti, troppi, come un’alternativa all’austerity. Alba Dorata distribuisce cibo e vestiti alle famiglie bisognose e i suoi attivisti fanno a gara per donare il sangue. Ma la solidarietà è rivolta solamente ai greci purosangue. E il governo si presta, dando disposizione al personale medico di chiedere la carta d’identità all’ingresso degli ospedali. Avevano addirittura proposto un questionario per gli asili, al fine di verificare quanti figli d’immigrati occupassero posti che a loro dire spettavano alla popolazione ellenica. Questo provvedimento è stato bloccato in extremis perché le maestre si sono rifiutate di prestarsi a questa barbarie.

Quando alcuni attivisti e volontari hanno provato ad istituire dei dispensari gratuiti di medicine, i distributori di farmaci, vedendo minacciati i propri profitti, hanno chiesto aiuto ad Alba Dorata, che è riuscita a infiltrarsi e in parte a sostituirsi alle forze dell’ordine. Se anche qualcuno pensasse di mettere in atto un colpo di Stato militare come al tempo della dittatura dei colonnelli, troverebbe un esercito insufficiente e ridotto all’osso. D’altro canto continua Sonia la Troika non ha bisogno delle armi, dato che la sua longa manus, ossia l’esecutivo interno, governa a colpi di decreti legge bypassando il Parlamento. E ogni decreto è un piccolo colpo di Stato.

Nonostante l’insufficienza e la stanchezza delle forze armate, quando vuole usare il pugno di ferro il governo greco riesce a schierare sei plotoni di polizia in tenuta antisommossa in un villaggio di 3000 abitanti. È successo una decina di giorni fa a Lerissos, cittadina mineraria svenduta alla compagnia aurifera Hellas Gold perché ne faccia uno dei maggiori produttori d’oro, in barba alla salute dei cittadini e alla tutela dell’ambiente. Alle pacifiche proteste degli abitanti le forze dell’ordine hanno risposto sparando gas lacrimogeni contro la folla e nelle scuole, dove si stavano tenendo regolari lezioni. Dopodiché i poliziotti sono andati casa per casa (Mitralias lo dice in italiano, per rendere meglio l’idea) a perquisire gli inermi cittadini, con minacce, intimidazioni e violenze.

I greci hanno sopportato tutto questo perché la strategia dello shock li ha convinti dell’imprescindibilità delle misure d’austerity: o vi affidate a noi, o vi lasciamo fallire da soli. Ma un Paese aiutato con tranches di soldi che non arrivano nemmeno in Grecia e che approdano direttamente in Lussemburgo e strozzato dal circolo vizioso del debito come potrà riprendersi? La Troika sembra mossa da una filosofia nichilista, sembra voler annientare un popolo e una cultura e non si ferma nemmeno di fronte all’ultimo dato relativo al tasso di natalità, che registra una contrazione del 20% da quando è iniziata questa terribile recessione. Per questo, il futuro sarà o non sarà. Affermazione inquietante che chiama a rapporto la solidarietà internazionale e che ci invita a fare inversione di marcia rispetto alle disastrose ricette dei “tecnici” nostrani, se non vogliamo essere i prossimi.

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Un milione di scale

marzo 12, 2013 in Racconti e poesie da Beatrice Orini

Ha occhi grandi e perduti, Adele. Siede su una poltrona a fiori chiari, lo sguardo fisso sulla tivù che inonda la stanza di voci. Non le ascolta né segue le immagini, la sua testa è altrove. Ma dove? si domanda Tullio, interrompendo il cruciverba e guardandola mesto. Dove scappano i suoi pensieri? Che cosa è successo, dov’è finita mia moglie?
Sono le stesse domande da mesi. Certo, conosce le risposte, quante volte i figli gliel’hanno spiegato, eppure non si dà pace. Ancora si stupisce e si tormenta.

– Adele! Adele, mi senti?
Non si volta neppure. Lui allora con fatica si alza, appoggiandosi al bastone si avvicina alla poltrona e al suo profumo di gelsomino. Un profumo che da più di cinquant’anni per lui vuol dire Adele. Ripete forte:
– Cara, mi senti?
Finalmente lei si accorge della sua presenza, lo osserva interrogativa con quel suo volto che è tutto un crepuscolo e poi esclama:
– Chi sei?
Non è possibile, davvero mia moglie non mi riconosce più, pensa Tullio. È così triste. Leggi il resto di questa voce →

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Barbablù
, l’atteso nuovo romanzo di Amélie Nothomb

marzo 10, 2013 in Recensioni da Piera Maculotti

BarbabluIl racconto vola come un fulmine nel cielo sereno di una scrittura veloce, pulita, perfetta. Piena di colori, com’è evidente fin dal titolo – Barbablù – che campeggia tra il nero e il giallo della bella copertina: è il nuovo romanzo di Amélie Nothomb, tradotto da Monica Capuani, fresco di stampa (Voland, collana Amazzoni pp.112 € 14).

Paris, VII arrondissement, un antico palazzo sontuoso. Lei è una ragazza belga in cerca d’alloggio. Lui è uno strano aristocratico spagnolo, estremo misantropo in esilio in Francia (e in esilio dal mondo…); scapolo ambitissimo, il più nobile della terra (discende dai Cartaginesi – dice – e da Cristo, che è un don Chisciotte moltiplicato per quindici).

Don Elemirio Nibal y Milcar cerca una nuova inquilina. Ne ha già avute otto (tutte otto scomparse, chissà come, chissà perché). La giovane Saturnine sarà la nona.

Il destino lo vuole; e così parte l’insolita convivenza tra l’eccentrico proprietario e la bella, grintosa plebea.

Separati in casa. Diversissimi, con giornate ben distinte. Lei, fiera e felice dell’inaspettato paradiso che a poco prezzo le è toccato. Lui, da vent’anni chiuso in casa, solitario supercattolico, ossessionato dal peccato e contrario al matrimonio; innamorato dell’assoluto, amante del Bello e dell’Arte tutta.

Con quella culinaria vuole conquistare la coinquilina. Pregiatissimi cibi e vini, tra flûte di cristallo e stoviglie d’oro massiccio, a cena ogni sera; raffinatezze eno-gastronomiche – con tanto champagne: la versione fluida dell’oro – a far da punteggiatura a un dialogo lungo quanto tutto il racconto. Un conversare svelto e brillante, intelligente e vivo come lei, colto e inconsueto come lui…

Parole dense di rimandi: la vita, l’amore, la morteInnamorarsi è il fenomeno più misterioso dell’universo, vivere è una strana avventura, morire è molto facile, uccidere a  volte è esteticamente un errore… Le battute corrono veloci, in un crescendo di dubbi, sospetti e segreti.

Come quello della porta proibita dietro cui sta l’intoccabile camera oscura, inquietante, nero santuario d’invisibili fotografie. E’ il regno dell’Enigma e del Divieto. Non oltrepassare. Non toccare. Il segreto merita rispetto… La curiosità sarà punita, come da sempre insegna la fiaba di Barbablù. Con tutte le sue varianti, compresa questa nuova favola postmoderna che scombina le carte, scambia i ruoli, gioca coi colori….

Il colore è il piacere ultimo. E’ talmente vero che in giapponese – scrive Amélie Nothomb – “colore” può essere sinonimo di “amore“. Che qui fa rima soprattutto con stupore… O con lo splendore dell’oro, l’alchemica immagine con cui Barbablù conceda il lettore. L’oro, il top del colore, l’acme del giallo che – in questo sorprendente noir – dispiega tutte le sue sfumature, tra lampi d’oscura follia e scatti di luminosa fantasia.

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Così è la vita, amore mio… il romanzo di Maria Sardella

marzo 8, 2013 in Recensioni da Piera Maculotti

Copertina romanzo Maria Sardella così èUn pezzo di terra fresca di vita e prodiga di ombre… E’ il giardino che, nel sole di Puglia, sta attorno alla casa; dentro, due genitori e una storia bella, aspra, densa.

Così è la vita, amore mio (Altrimedia pp.99 €12) è il titolo del romanzo di Maria Sardella Leggi il resto di questa voce →

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Il partigiano Primo Levi

marzo 4, 2013 in Recensioni da Piera Maculotti

Primo LeviNel luglio 1986 feci una lunga intervista a Primo Levi (Bresciaoggi, 26-7-1986). Mi aveva sconvolto il suo ultimo libro I sommersi e i salvati, che è anche il titolo di un capitolo di Se questo è un uomo. L’anno dopo, Primo Levi moriva.

In quell’intervista gli avevo chiesto, tra l’altro, di dirmi qualcosa sul periodo antecedente ad Auschwitz. Mi rispose che lo sentiva come un periodo opaco, vissuto con altri giovani sprovveduti e sciocchi, un periodo da dimenticare.

Eppure fu proprio dall’ottobre 1943 al febbraio 1944 che Primo Levi partecipò alla Resistenza, fu catturato e inviato a Fossoli e poi al Lager. Di quei quattro mesi si sapeva molto poco, poche lettere, qualche testimonianza orale di amici. Ora è stato pubblicato un saggio che racconta quei giorni anche attraverso indagini d’archivio Leggi il resto di questa voce →

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da admin

Entretien avec Amélie Nothomb (1)

marzo 1, 2013 in Traduzioni da admin

it          gb

Amelie NothombAmélie Nothomb, écrivain belge francophone, fille de diplomates, est née en 1967 à Kobe, au Japon. En 1992 elle publie aux Edition Albin Michel son premier roman, Hygiène de l’assassin, qui devient l’événement littéraire de l’année: 100.000 exemplaires vendus (en plus des 125.000 copies pour le roman poche), deux adaptations théâtrales, un film. Depuis cette époque, elle a publié un roman par an, fidèle au même éditeur Albin Michel.  En Italie, les livres de la Nothomb sont traduits et publiés par la maison d’édition Voland (Rome).  Son roman Stupeur et tremblements, publié en 1999, a vendu 400.000 exemplaires en France. Traduit en 15 langues, il a reçu 16 récompenses dans le monde entier, y compris: le Prix Alain-Fournier (deux fois), le jury du prix Jean Giono, le Prix du Roman de l’Académie Française, le prix Chianciano.

Depuis son premier roman, Amélie Nothomb montre les mêmes caractéristiques d’écriture : un regard impitoyable, beaucoup d’humour, des histoires originales. Ecrivain prolifique, elle écrit en moyenne quatre livres par an, mais, pour son choix, elle n’en publie qu’un seul. Dans ses romans on trouve facilement des traits autobiographiques : le séjour au Japon, le travail dans une multinationale, l’amour trouvé et perdu, la boulimie. En effet Amélie Nothomb  a dit dans une interview que c’est l’écriture qui l’a sauvée.

Q: Pouvez vous nous faire entrer dans votre laboratoire créatif?
R : Impossible : is est un sous-marin au fond de moi-même

Q: A qui vous conseille d’écrire?
R: A’ personne.

Q: Que pensez-vous est due à son succès?
R: Sur un malentendu.

Q: «Je vous écris parce que l’écriture me donne le plus grand plaisir artistique que possible.Si mon travail quelques privilégiés ont gratifié délice. Quant à la masse je n’ai aucune envie d’être un romancier populaire. Et «trop facile». (Oscar Wilde)
Que pensez-vous?
R: Il existe trois phrases dans cette brillante déclaration. La première est vraie, les autres sont de beaux mensonges.

Q: Hygiène de l’assassin, son roman le plus célèbre, le lecteur est surpris par la crudité des dialogues, le «mauvais» intériorisé, ventilés sur les pauvres journalistes. Le protagoniste est son désir de vengeance sur un monde (les chiffres représentent la totalité des journalistes) qui ne comprennent pas ou ne comprennent pas. Tous avec un horrible secret qui est révélé seulement à la fin. Dans les livres ultérieurs, il est facile de voir son autobiographie, ni Eve ni d’Adam ou de sabotage sont un exemple de l’amour.
Quel est autobiographique dans Hygiène de l’assassin?
R: C’est mon livre le plus autobiographique: mon manifeste et ma biographie programme littéraire.

Q: Dans Journal d’Hirondelle écrit: «Qui se sent glisser dans l’élégie devriez garder rapide pour son corps sec et austère.”
Et ‘accusation selon laquelle le poésie?
 Pourquoi?
Avez-vous écrite de la poésie?
R: Jamais. Ma manière de couliura la poesie c’est l’assasinat

Q: Beaucoup de gens écrivent, mais le garder pour eux-mêmes leur propre écriture. En Italie, le «peuple de saints, des poètes et des navigateurs” tiroirs sont pleins, mais les gens qui lisent peu. Il arrive aussi en France.
Qui est responsable?
R: Vous présentez cela comme un mal : c’est très bien.

Q: Vous avez déclaré que : « Un vrai lecteur est celui qui se baigne tellement dans la lecture d’une texte a en sortir changé, quelqu’une qui se pose par rapport au livre dans un état de disponibilité profonde ». Tach se pleint de n’avoir personne qui le lit « vraiment ». Vous croyez avoir changé certain de vos lecteur ?

R: Oui. Surtout ceux qui, après m’avoir lu, tuent leur voisin.

Q: Dans la Cause de Dieu, nous parlons d’identité et de son vol.
Avez-vous déjà pensé que vos lecteurs peuvent perdre leur identité tente de devenir un personnage dans Amélie Nothomb Amélie, si pas la même chose?
R: C’est arrivé beaucoup de fois.

Q: Vous avez mentionné le groupe Radiohead dans le Journal d’hirondelle et compare l’opéra italien pour les émotions transmises, ce qui nous rend très heureux.
L’opéra se termine souvent en tragédie, et souvent les bons meurent. Il peut y avoir une analogie entre la fin du mélodrame et la fin tragique de ses livres?
Quelle est votre relation avec la musique classique?
R: Tous mes livres sont pour le mélodrame tragique. Quelle est ma relation avec la musique classique? Lisez mon nouveau livre: Le Voyage d’hiver.

Q: Dans vos romans, cite de nombreux livres. Littérature, qui brûlent les livres et ce qui serait sauvé? Pouvez-vous nous donner au moins trois titres pour chacun?
R: Pour la gravure: aucun. Les mauvais livres sont nécessaires. Pour enregistrer: Don Quichotte, La Princesse de Clèves, Le Rouge et le Noir, Les Liaisons dangereuses, Le Portrait de Dorian Gray, Si c’est un homme.

Q: Dans Le Portrait de Dorian Gray, l’identité et l’âge du personnage restent inchangés ..
L’écriture est le miroir d’Amélie ou un filtre?
R: Il est le miroir le plus sincère et honnête.

Q: L’écriture est Amélie ou de son péché?
R: Mon écriture est mon péché.

Q: Il me semble que le motif de ses romans est la suivante: la transgression – la mort – coupable. Il a déclaré que ce sont souvent les victimes et les auteurs en assument la responsabilité. Mais pourquoi ne pas les coupables?
R: Parce qu’ils ne sont jamais un sentiment de culpabilité.

Q: Dans la combinaison de la Cosmétique ennemi reprise coupables d’arrogance. C’est parce que, selon elle, l’écriture est en soi un acte criminel et les mots sont les armes les assassiner. Pourquoi ne pas essayer de guérir?
R: Parce que c’est un plaisir trop grand.

Q: Dans vos livres, toujours l’amour comme une figure passion exaspérée qui mène à la destruction de l’objet aimé. La haine, en revanche, ne semble pas être tout aussi destructrice d’une passion …C’est une Nothomb paradoxe classique?
R: Oui

Q: Le paradoxe est présent dans ses écrits, comme une partie de leur philosophie et contradictoires. Et ‘échelle exagérée dans la provocation de la frontière que vous pouvez voir sa poétique?
R: Absolument. Il s’agit d’une aporie poétique.

Q: Toucher les extrêmes que vous obtenez au centre?
R: Oui, mais en même temps, montrant l’ensemble.

Q: Ses thèmes sont la mort, la relation avec l’ennemi intérieur, l’obéissance, la guerre, la faim, la survie même, mais aussi la poursuite de l’ancienne pureté intérieure.
Il ya des thèmes forts, mais qu’elle fait face de façon légère.
C’est la clé pour raconter ces questions?
R: Certainement. La légèreté est le seul moyen.

Q: «Les hommes se révèlent être cruel, mais les femmes le sont. Les femmes semblent sentimentale, mais les hommes le sont. “ Friedrich Nietzsche avait raison?
A: Nietzsche a toujours raison.

Q: Dans plusieurs interviews que vous avez dit de ne pas utiliser le PC, téléphone, e-mail. Pourquoi rejeter la modernité?
R: Parce qu’ils sont préhistoriques.

Q: Métaphysique des tubes, le refus est la preuve de l’existence même. N’étant pas on est.
Et ‘nell’acconsentire vous perdez une partie ou la totalité d’eux-mêmes? Pourquoi?
R: Le consensus est une perte de soi.

Q: Il a dit: “Je pense que dans la vie vous décider entre ces deux modes d’acquisition de l’identité. Si vous êtes le produit de la découverte de soi, ou le produit d’une «invention».Mais la découverte et l’invention ne sont pas synonymes?
R: Seulement dans les yeux de la loi.

Q: Il n’est pas dans la conscience de sa propre identité que vous achetez?
R: Oui, mais ce n’est pas incompatible avec ma théorie.

Q: Biographie de la faim revient reflété le thème de la mort, mais le manque de sentiments: c’est stériliser la langue que vous pouvez blesser le joueur?
R: Ça fait mal dans le monde avec cette stérilisation.

Q: Si vous deviez définir en bref comme un écrivain, comment définiriez-vous?
R: Je vous écris de l’ornithorynque

Q: Quel est-il au sujet de son dernier livre, Le Voyage d’hiver?
R: Dans la lutte entre le froid et la chaleur.

Q: L’amour entre deux femmes est-ce possible?
R: Oui

Q: Avez-vous fait des choses folles par amour?
R: Oui

Q: Il dirait à un?
R: Non

Q: Le thé vert est trivial?
R: Oui

Q: «Certains livres sont dégustés, d’autres avalés, mâchés et digérés quelques-uns.”
(Francis Bacon, 1561-1626). Ceux qui, à mâcher, sont ses livres!
R: Je suis d’accord. Mercie.

Nous remercions l’éditeur de la disponibilité de Rome Voland reçues.

Dans Luc

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da admin

Giornali: quanti anni di passione!

febbraio 28, 2013 in Crisi da admin

San Francesco di Sales è il patrono dei giornalisti. Ma negli ultimi anni si è distratto così che, incredibilmente, si deve ricorrere al vescovo di Chieti che ha scritto una bella preghiera di rinforzo.

In effetti la crisi interminabile colpisce tutti e continua a mordere i media.

Cominciamo dalla base: in cinque anni hanno chiuso 10.000 edicole. Colpa di internet, free press (i giornali gratis), meno tempo da dedicare alla lettura, meno soldi in tasca, ma anche problemi con la distribuzione: tra il 50-60 % dei prodotti editoriali pagati in anticipo restano invenduti, tonnellate di carta si riversano sulle edicole e tornano indietro qualche giorno dopo per andare al macero o essere ripubblicate con un titolo diverso.

Veniamo ai mass media. C’è un dato che riguarda tutti, ed è il calo della pubblicità: -17% per i quotidiani, – 18% per i periodici, -15% per la televisione, -10% per la radio, -25% per il cinema, -54% per la free press, solo +7% per il web.

Calano i lettori che ora sono 22 milioni cinquecentomila, con un arretramento di 1.218.000 in pochi anni. I giornali che sono ricorsi allo “stato di crisi” sono 58. Tra prepensionamenti, cassa integrazione e contratti di solidarietà, i giornalisti coinvolti sono 1140. Spesso i collaboratori sono stati eliminati, ma a volte si salvano perché sono sottopagati.

Giornalisti

In questo contesto, le 500.000 copie del passato vanno dimenticate. Come sempre il pieno lo fa La gazzetta dello sport con 4,2 milioni l’anno. Vengono poi i giornali d’opinione: Repubblica supera il Corriere con 330.000 copie al giorno (il dicembre scorso) contro le 307.000 del rivale. Seguono La stampa, Il Messaggero, Il resto del Carlino. Il sole24 ore. Il quotidiano della Confindustria continua a perdere: quest’anno il 13% e si è fermato a poco più di 1 milione di lettori. Ha reagito con un originale sito internet con settori per tutti e settori più specialistici a pagamento. Nella famiglia Berlusconi Il giornale scende del 7%, Libero del 17%. Segno “più” solo per L’unità e Il tempo.

Il Gruppo Rcs che comprende il Corriere della sera, ha debiti per 876 milioni e dovrà ricorrere a licenziamenti selvaggi o ad un aumento di capitale, mentre si discute di vendere la sede di via Solferino.

Buona è la situazione del Fatto quotidiano, 49.000 copie al giorno. Il 2012 si chiude con un attivo di 4 milioni. Nel sito web sono stati allestiti due studi televisivi per le dirette streaming. Ritornerà in pagina l’inserto culturale (Saturno) che aveva avuto poco successo. Ma anche Il fatto perde quote in edicola e in abbonamento.

Il Manifesto, conclusa la fase della liquidazione coatta amministrativa, ha fondato una nuova cooperativa e avviato una cassa integrazione a rotazione che ha dimezzato l’organico lasciando al lavoro solo 36 giornalisti. Pubblico di Telese chiude dopo 100 giorni di vita. Liberazione e Il secolo d’Italia sono passati al web. I grandi quotidiani chiudono alle 22.30 la sera, un’ora prima che in passato per diminuire i costi.

L’arrivo a Brescia del Corriere con alcune pagine locali ha influito poco sulle vendite degli altri due quotidiani. I tre giornali dovrebbero vendere intorno alle 60.000 copie giornaliere (i numeri sono tenuti ben nascosti), ma hanno ridotto la raccolta pubblicitaria, dovendo dividerla col nuovo venuto.

Chiudono varie tv locali e si teme un ridimensionamento de La 7 dopo la vendita.

Fininvest ha avuto, dopo un lungo periodo di perdite, un rialzo col ritorno di Berlusconi alle elezioni, ma la controllata Mediaset chiuderà con un indebitamento di 1,8 miliardi, mentre passa di mano il 12% del capitale. Mediaset ha molto investito in Mediaset Premium, la tv a pagamento, proprio quando le tv generaliste sono al tramonto, e il suo share scivola verso il 30%. In Mondadori periodici e libri vendono molto meno e risentono, come la casa madre, del calo pubblicitario. Gli errori di restyling di Panorama hanno portato alla perdita del 5,5 e la Mondadori ha chiusi 6 mensili minori.

Molto meglio la situazione di G9 che è in attivo. Senza fare misteri, il suo numero di lettori è scritto vicino ad ogni articolo.

Anche all’estero i media soffrono. Quattro casi tra i tanti: Newsweek, uno dei giornali più importanti del mondo, ha abbandonato la carta ed è passato al web. Grun+Jahr/Mondadori, editore, tra l’altro, di Focus, ha adottato una cassa integrazione a rotazione. Thomas Reuter, l’agenzia di informazione finanziaria della Reuter, ha licenziato 3.000 persone, El pais ha licenziato un terzo dei dipendenti (128+21 prepensionamenti).

In questa situazione la posizione dei giornalisti è sempre più scomoda: devono saper fare di tutto, dalle riprese video all’uso globale dell’informatica, il loro lavoro è sempre più stressante. Sono anche tartassati da direttori sempre più sensibili alla esigenze dei consigli d’amministrazione e della pubblicità. Per quanto riguarda i collaboratori, l’Ordine dei giornalisti esulta perché la Commissione cultura della Camera ha approvato una legge sull’equo compenso. Ma l’equo compenso, di cui non si sa niente, sarà deciso da una Commissione di 7 membri, e i tempi si allungano dopo i risultati elettorali quando c’è ben altro a cui pensare. Sempre meglio che fare il free lance in trincea: nel 2012 sono morti 141 giornalisti in 29 Paesi diversi, soprattutto in Siria. Poi ci sono le minacce, come quelle delle mafie.

I conflitti di interesse sono vasti. Non solo quelli di Berlusconi, ma delle banche, presenti nei consigli di amministrazione, e di enti vari che, per auto proteggersi, rifiutano di fornire dati che devono essere pubblici. Clamoroso il caso del tribunale di Latina che ha allontanato i giornalisti che aspettavano di conoscere il nome dei candidati delle liste elettorali appena depositate dai partiti.

I giovani oggi sono più informati che in passato, hanno lo smartphone in tasca, ma la professione, già in crisi, non li accoglie. L’età media dei lettori su carta è intorno ai 60 anni, altro che internet!.I giovani amano il web che è una grande enciclopedia zeppa di falsi che nessuno correggerà mai. Qualche studioso dice che in quel caos si sta perdendo la nozione stessa di fatto. Insomma la crisi non lascia spazi, nemmeno a coloro che per un articolo rischiano la vita.

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da admin

Arte sì, ma anche vestiti

febbraio 20, 2013 in Arte e mostre da admin

Il pittore Eugenio Mombelli espone alla Galleria AAB, in Vicolo delle stelle a Brescia, una mostra personale dal titolo: Wear the Art, Indossa l’Arte. Si tratta di un connubio tra le sue opere di pittura, scultura, incisioni e la loro riproduzione su vestiti di seta per il mondo della Moda. Ci sono quindi lavori del suo mondo artistico, in parte anche riprodotti per essere indossati. I vestiti, portati da modelle durante l’inaugurazione, erano stati presentati in anteprima al Pitti Moda di Firenze del giugno scorso.

Artista informale, Mombelli ha dato il via nell’opera pittorica a scritture “misteriose” che rappresentano messaggi non leggibili, quindi non “figurativi” che lasciano l’osservatore libero di interpretarli in funzione della propria sensibilità. Ciò in linea con la tematica generale delle opere Informali che, non fornendo un soggetto chiaramente visibile, tentano di arrivare alla sensibilità individuale, per definizione singolare e peculiare.

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“Per poter comunicare – dice Mombelli – dobbiamo avere un’affinità comprensiva che oggi è ostacolata dai diversi idiomi, mentre un messaggio visivo è di comprensione più semplice e generale. I nostri antenati, incidevano o dipingevano messaggi figurativi o criptici per codificare e trasmettere sensazioni ed emozioni che da molto tempo centinaia di esperti cercano di comprendere”.

Analogamente, i bambini quando cominciano a tracciare segni su di un foglio, hanno chiaro in mente cosa vogliono esprimere, anche se per l’interpretazione reale e profonda, penso io, ci si dovrebbe rivolgere alla psicoanalista Melania Klein e almeno al suo libro Analisi di un bambino.

Su questa linea si innestano i codici segreti che sono diametralmente opposti come ricerca, ossia danno un messaggio che solo alcuni sono in grado di decodificare.

E’ un mondo affascinante immergersi in questa simbologia per noi sconosciuta e cercare di capirne l’essenza: a volte sono lampi, che ci fanno intraprendere la strada giusta per decodificarli e renderli palesi, a volte si imboccano strade senza uscita.

Testimoni e cultori di queste grafie misteriose sono personaggi di tutte le epoche, dai condottieri romani a Leonardo da Vinci, a Giovanni Battista Alessandro Conte di Cagliostro. Arte Informale, vestiti, scritture, in fondo è semplice Wear the Art.

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L’Italia è una Repubblica calcistica, fondata sul tifo.

febbraio 20, 2013 in Crisi da Claudio Ianni Lucio

Winston Churchill, che, quando non si concedeva quel bicchierino di troppo, passando dal dire cose sensate allo spararne di grosse e gassose come Giove, affermò un giorno: “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”. Che una buona fetta del popolo italiano consideri il calcio come un fatto personale non si può certo negare: tifosi che allo stadio si scagliano addosso ogni tipo d’oggetto possibile – petardi, motorini, motorini imbottiti di petardi -, spinti dal più che valido motivo di tifare per squadre diverse – cose che capitano a tutti. Io, per esempio, da quando ho scoperto che preferiscono il vino bianco a quello rosso, prendo i miei vicini a colpi di balestra ogni volta che li vedo -; ultras che tengono in ostaggio tutto uno stadio, perché accettano poco sportivamente la sconfitta, pur essendo supporters di squadre senza la seppur minima idea di quel che significhi vincere una competizione qualsiasi; homini-vates immersi come Achille, ahimé durante un giorno di secca, in uno Stige di sentimentalismo dal quale rimase loro fuori soltanto la testa.

Non è mia intenzione, però, fare facili e tendeziosi paragoni. Non ho certo l’obiettivo di mettere in luce con quanta clemenza le forze dell’ordine accettino, di solito, i colpi di testa degli ultras, rispetto alle abbondanti cucchiaiate di olio di ricino che toccarono alle persone, temibili briganti bolscevichi addormentati e incolpevoli, anche se di un sonno e un’incolpevolezza oltremodo sovversivi e violenti, all’interno della Diaz. Non voglio nemmeno mettere l’accento sul fatto che circolano filmati nei quali si vedono i tutori della legge trasformarsi in hooligans e lanciare pietre e lacrimogeni ai manifestanti No-Tav. E, assolutamente, non intendo nemmeno sottolineare quanto poco si sia fatto per tenere a bada i procellosi e storicamente inadeguati strilloni targati CasaPound durante la loro irruzione/incursione alla facoltà di lettere di Verona, o nel corso di un’altra delle teatrali comparsate dei membri (non siate maliziosi) di questo epi-centro anti-sociale. Soffermarmi su questi episodi sarebbe un abuso di qualunquismo bello e buono, una smitragliata di facilonerie notevole, altroché.

Ciò di cui voglio realmente parlare consiste nel fatto che, secondo me, Mr. Chiesamalata non c’aveva visto proprio giusto. Aveva sì ragione nell’individuare un problema nell’atteggiamento degli italiani rispetto al calcio e alla politica, solo che si sbagliava, sostenendo che vivano il primo come dovrebbero vivere la seconda e viceversa. A me pare, e proprio qui sta il punto, che mantengano lo stesso identico atteggiamento, la medesima linea di comportamento, in entrambi gli ambiti. Certo, bisogna specificare che, quando si tratta del pallone, ci mettono molta più verve.

Anche in questo caso, mi guardo bene dal cadere nel tranello della scontata retorica da bar. Infatti, non farò minimamente cenno a quanti voti portò a Berlusconi l’essere il presidente del Milan nel 1994, o come, stando ai sondaggi, nonostante le sue prodezze politiche di questi vent’anni, dopo pochi giorni dall’acquisto di Balotelli, le preferenze per il Pdl in Lombardia siano salite del 2%, o come, giusto per non andare fuori tema, quando nel 1984 i pretori provarono legittimamente a oscurare le sue reti televisive, dei veri e propri gruppi di manifestanti col sangue agli occhi, più giacobini di Robespierre e più esuberanti di King Kong, si schierarono dalla sua parte – non dimenticherò mai l’anziana e sdentata signora che, facendosi largo a spintoni tra la folla per raggiungere i giornalisti, esplose il suo dissenso civile in un sanguigno: “La tassa non si deve pagare alla TV! Solo Canale 5! Ricchioni Canale Uno!”. Sarebbe troppo semplice, se non addirittura riprovevole e di cattivo gusto, continuare a insistere sull’influenza del calcio sulle scelte di una certa porzione d’elettorato. Troppo banale, davvero troppo.

Per questo parlerò soltanto di quanto siano, spesso e volentieri, indistinguibili i comportamenti dei tifosi più veraci da quelli degli elettori.

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Basta guardare un comizio politico qualsiasi; se si sostituissero le bandiere dei partiti con quelle dei club sportivi, non si noterebbe la differenza. Veri e propri cori, inni cantati a squarciagola e grida isteriche si levano dal pubblico, quasi fossero tutti spettatori di un combattimento clandestino tra galli sul quale hanno scommesso l’intero stipendio.

L’impressione che se ne ricava è che molti partiti non vengano seguiti criticamente dai loro sostenitori, ma, piuttosto, con l’amore incondizionato degli ultras per le squadre. Gli elettori hanno finito col diventare ciò che non dovrebbero essere mai, cioè degli “irriducibili”. La colpa è sempre di qualcun altro e chi lotta per la maglia non va messo in discussione. Così accade che Berlusconi abbia ancora un numero enorme di sostenitori che, pur avendoci intensamente provato in tutti i modi possibili, non riesce proprio a far desistere dall’amarlo incondizionatamente. Lui entra a terza gamba tesa (l’espressione piacerebbe anche lui) sulla nostra costituzione impegnata a marcarlo stretto come si fa coi fantasisti, sputa in faccia agli avversari dimenticandosi del rispetto e, ogni volta che lo si sfiora, simula quasi avesse subito un attentato; però, quando gli arbitri decidono di sanzionarlo, i suoi hooligans vanno fuori di testa e montano un putiferio. Sia una toga nera (che molti però vedono vermiglia, probabilmente a causa di una specie di daltonismo al contrario) o un cartellino rosso, per l’italiano non fa alcuna differenza: cornuto l’arbitro, cornuto il giudice, cornuti tutti i nemici della fede.

Quanti ancora si radunano con cappelloni e magliette verdi, stile succursale di san Patrizio, al grido di “Senatur! Senatur!”, anche se tutti gli scandali emersi poco più di un anno fa sarebbero sufficienti ad affossare l’iceberg che affondò il Titanic?

Com’è possibile che la squadra del Partito Democratico abbia ancora dei tifosi, dopo tutte le gare perse negli ultimi anni per forfait?

La politica non è sentimento dissennato. Non dovete avere il comportamento del cane che, abbandonato sull’autostrada, quando vede passare l’auto del suo padrone scodinzola e abbaia d’entusiasmo. Avete presente quando il vostro partner vi rassicura con convinzione ferrea di non tradirvi mai più, ma voi non ci credete, visto che è la stessa cosa promessavi le ultime tre volte, e allora lo lasciate? Ecco! Abbiate un po’ d’amor proprio e d’autocoscienza! Sperimentate il peso e l’orgoglio di essere cittadini fautori della realtà nella quale vivete! Riconoscete le colpe a chi se le merita, anche a voi stessi.

Agli altri non importa in quale stadio preferite trascorrere la domenica pomeriggio, invece vi sconcerterà scoprire quanto la vostra preferenza di voto abbia ripercussioni su ogni altra persona di questo paese.

I politici non sono da amare, ma da valutare. Se proprio volete vivere la politica come il calcio, almeno leggete i quotidiani tanto quanto leggete la Gazzetta.

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