Dio, liberaci dalla malattia, dalla fame, dalla guerra
dicembre 1, 2020 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli
L’umanità ha sempre avuto una compagna fedele: la malattia. Dal fondo del Medioevo giunge la voce: A peste, fame et bello, libera nos Domine.
Circa un millennio dopo siamo ancora d’accordo. Loro chiamavano molte malattie col nome generico di peste. Ora, scoperta l’esistenza del virus, ne contempliamo la bella corona, ma viviamo come loro la nostra pandemia, cioè una epidemia che viaggia in tutto il mondo, prende sottobraccio altre malattie, miete le sue vittime, per ora più di un milione, e sparge il suo dolore come va il seme in un campo.
Sappiamo della peste di Pericle, di quella di Giustiniano, che tuttavia non raggiunsero il mondo intero, di più della peste che nel 1346 arrivò (forse dalla Mongolia): la peste nera, una pandemia che uccise un terzo, forse la metà della popolazione del mondo.
E’ la cornice che dà il via due anni dopo al Decameron di Boccaccio che ci introduce in una Firenze desolata e sconvolta. Anche allora fu l’isolamento in due ville di campagna a salvare sette “vaghe” giovinette e tre giovani che si incontrano in una chiesa. Quella peste ebbe in Europa tre o quattro ondate micidiali e continuò poi a circolare, in maniera più o meno intensa, in luoghi più che in altri, fino ad arrivare al 1630, la peste descritta da Manzoni.
Secondo lo storico Braudel la peste fu la struttura della metà del XVI secolo. Intanto passavano tifo e vaiolo, nell’800 arrivò il colera, infine esplose la “madre di tutte le pandemie”, come la definisce Laura Spinney in 1918, L’influenza spagnola, la pandemia che cambiò il mondo, Marsilio editore. Leggi il resto di questa voce →